La classe virtuale
Se si accettano le ipotesi sottese alla considerazione della rete come luogo dell'interazione collaborativa fra gli attori coinvolti nel processo formativo, si evidenziano le differenze tra classe virtuale e classe tradizionale; nella classe tradizionale lo schema delle relazioni che si instaurano tra gli attori coinvolti tende a mettere al centro della scena la figura del docente, mentre l'accesso alle risorse si configura prevalentemente come individuale.
Nella classe virtuale, per contro, il centro dello scenario è occupato dal gruppo dei discenti e dalla costante interazione interna al gruppo stesso.
Si individuano quattro componenti essenziali per un modello ipotetico di classe virtuale:
- I docenti o i tutor.
- Gli studenti.
- I contenuti.
- Il contesto specifico della rete, ovvero lo spazio sociale in cui le prime tre componenti interagiscono.
Le differenze più significative tra classe virtuale e classe reale vanno viste secondo il diverso ruolo assunto da ciascuno degli elementi citati:
Le dinamiche della classe tradizionale non sono del tutto riproducibili in rete: nell'interazione fra le componenti dell'ambiente di apprendimento di una classe virtuale e di una classe reale si evidenziano le seguenti divergenze:
In virtù di queste differenze legate alla flessibilità dei vincoli spazio-temporali, è inevitabile che in una classe virtuale emergano problematiche specifiche, riguardanti la sostenibilità del processo di apprendimento nel contesto di riferimento.
In questo senso, l'approccio proposto da Rowntree mette in evidenza le modalità e la tempistica attraverso cui gli studenti acquisiscono le competenze e le abilità necessarie perché una comunità che apprende si possa considerare pienamente operativa (D. Rowntree, 1994).
Si individuano quattro macro aree di abilità e competenze, secondo un crescendo di difficoltà che implica inevitabilmente un'acquisizione dilazionata nel tempo da parte degli studenti:
- Abilità tecniche.
- Abilità nell'accesso ai contenuti.
- Abilità nella gestione dei tempi.
- Abilità di interazione.
In genere le competenze tecniche sono quelle che si imparano più facilmente e più velocemente: non sono necessari particolari sforzi per prendere confidenza con il browser o con la posta elettronica; gli aspetti relativi al set di competenze tecniche risultano preliminari per poter attuare l'esperienza formativa in rete e per poter conseguire qualsiasi altro obiettivo, tendendo a passare in primo piano e ad essere risolti velocemente.
Su un piano di difficoltà relativamente più alto si collocano le abilità necessarie per accedere ai contenuti e per la loro comprensione; le difficoltà degli studenti in questa fase sono specificatamente legate non al contenuto in sé, ma alla modalità di erogazione. Da questo momento le difficoltà aumentano e l'acquisizione delle abilità successive richiede tempi più lunghi: si imparerà a gestire i tempi di lavoro e a interagire con gli altri componenti della comunità virtuale. Gli ultimi due obiettivi elencati risultano sottesi alla soggettività dei partecipanti, ai loro personali stili di apprendimento e alle proprie esperienze formative pregresse.
La realizzazione di un processo di apprendimento all'interno di una comunità virtuale, oltre alla considerazione delle specifiche abilità da conseguire, deve scontrarsi con una serie di fattori cruciali che rendono sostenibile o meno l'esperienza didattica in rete:
- Il numero dei componenti che collaborano e la possibilità da parte del tutor o dei moderatori di gestire in modo ottimale il gruppo.
- I ruoli assunti dagli attori.
- Le caratteristiche generali della comunità virtuale e le modalità nel lavoro in rete.
L'idea che i gruppi relativamente compatti siano più produttivi di gruppi più ampi è stata più volte affermata: si suggerisce, per impostare gruppi di attività efficaci e produttivi, la suddivisione in gruppi relativamente piccoli, da 3 a 5 componenti; i gruppi più numerosi, da 12 a 20 membri, risultano più stimolanti per comunità virtuali dove sia rilevante la condivisione delle conoscenze fra i membri stessi e la costruzione di un contesto sociale di apprendimento. É invece molto probabile che in percorsi orientati alla produzione di elaborati di una certa ambizione la maggiore ampiezza del gruppo possa agevolare una più equa distribuzione dei carichi di lavoro.
Secondo Palloff e Pratt non risulta tanto essere la dimensione del gruppo che introduce il rischio di sovraccarico comunicativo, quanto il modo in cui il tutor imposta un'attività , tenendo conto della composizione e dell'atteggiamento dei componenti della classe virtuale ( "Il ruolo del tutor ); vanno inoltre considerati gli atteggiamenti dei membri stessi della comunità , che possono essere molto variegati.
Al di là dell'omogeneità o dell'eterogeneità della classe virtuale, si sottolinea come nelle attività di collaborazione in rete i singoli partecipanti tendano a sviluppare una vasta gamma di personalità virtuali, così classificate (G. Trentin 1999):
- Il lucker, colui che osserva l'operato altrui senza parteciparvi per pigrizia.
- Il presenzialista, che cerca continuamente di affermare la propria esistenza.
- Il tuttologo, che ritiene di poter esprimere la sua opinione su qualunque argomento.
- Il nientologo, che, al contrario, non si sente mai all'altezza di nessuna discussione.
- Lo spontaneista, che tende ad improvvisare e non rispetta le scadenze.
- Il prussiano, che si muove solo in base a consegne precise.
- Il predicatore, che ricerca un ruolo carismatico nei confronti degli altri membri.
- Il trasgressivo, che elude deliberatamente le regole.
- L'ansioso, che si sente sempre inadeguato e palesa continuamente il suo senso di inferiorità .
Non sono ovviamente comportamenti facili da gestire, specie se il caso vuole che si presentito tutti contemporaneamente; l'aspetto prioritario punta comunque ad impedire che ciascuno si fossilizzi sull'atteggiamento iniziale ed a tentare di modificare gradualmente la sua posizione (G. Trentin 1999).
La produttività di un gruppo collaborativo in rete è legata quindi in parte alla sostenibilità del processo, ma si gioca tuttavia anche su un ulteriore complesso intreccio di fattori, dalla capacità di esaltare le competenze presenti, incrementando la motivazione, alla capacità di stabilire un clima di relazioni proficuo; in questo senso, Kearsley indica la necessaria presenza di tre fattori caratterizzanti: un contesto collaborativo, un core di attività orientate allo sviluppo di progetti e l'attenzione posta a esiti realizzabili, ovvero esiti riutilizzabili o con un riscontro pratico (G. Kearsley, in G. Trentin, 1999).