Falsità nei documenti informatici
In questo caso il legislatore del 93 ha creato una nuova
norma, inserendola nel codice penale: l’art. 491 bis c.p., ai cui
sensi: “Se alcuna delle falsità del presente capo riguarda un
documento informatico pubblico o privato, si applicano le disposizioni
del capo stesso concernenti rispettivamente gli atti pubblici e le
scritture private. A tal fine un documento informativo si intende
qualunque supporto informatico contenente dati o informazioni aventi
efficacia probatoria o programmi specificamente destinati ad elaborarli”.
La norma è stata collocata nel titolo VII (Delitti contro
la fede pubblica) del capo III (falsità in atti) del libro II del
codice penale, ossia fra le violazioni in tema di fede pubblica
documentale, ossia della fiducia e della sicurezza che la legge affida
a specifici documenti.
I documenti penalmente tutelati da tali norme si dividono
in tre categorie: gli atti pubblici (ovvero i documenti redatti con
precise formalità da un notaio o da altro pubblico ufficiale
autorizzato a dargli pubblica fede nel luogo dove l’atto si è formato
ex art. 2699 c.c. e ss.); le scritture private (ex art. 2702 c.c. e
ss.); i documenti informatici30.
In ordine alla falsità degli atti, essa può essere di due forme: la falsità materiale, ossia la non genuinità del documento e la falsità ideologica, ossia la non veridicità dello stesso. Si ha dunque falsità materiale quando “vi è una divergenza tra autore apparente e autore reale del documento o quando quest’ultimo è stato alterato successivamente alla sua formazione”31; si ha falsità ideologica quando “il documento contiene attestazioni o dichiarazioni non veritiere”32.
Circa la nozione penale di “documento informatico”,
anzitutto, non sono mancate le critiche di una parte della dottrina
circa la scelta legislativa di introdurre nell’ordinamento penale la
prima definizione di documento informatico33. L’art 3
della l.547/93 comunque, ha introdotto un primo concetto di documento
informatico, ma è con il DPR 513/97, successivamente confluito nel DPR
445/2000, (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di documentazione amministrativa”) che il legislatore
ha offerto una completa e più idonea definizione34 di
documento informatico, come “la rappresentazione informatica di atti,
fatti e dati giuridicamente rilevanti” (art.1); inoltre l’art. 8 del
d.p.r citato inoltre, stabilisce l’efficacia legale del documento
informatico prodotto in ottemperanza alle disposizioni dello stesso
D.P.R.
Il legislatore del ’93 con l’art. 491 bis non si è limitato
solo a disporre che alle alterazioni delle registrazioni informatiche
si applicano le stesse pene previste per i documenti pubblici o
privati, ma ha addirittura aggiunto che “se alcuna delle falsità
previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico o
privaoi, si applicano le disposizione del capo stesso concernenti
rispettivamente gli atti pubblici e le scritture private”. In altre parole, la registrazione informatica dei dati “deve essere considerata una forma di scrittura […] e non un tertium genus.” 35
30Parodi C., Calice A., op. cit.
31ibidem
32ibidem. Sul punto si legga anche Cass. pen. 4440/1982, in “Cassazione Penale”, 1983, 1124, Milano, 1983
33Parodi C., Calice A., op.cit.
34Faggioli, op.cit.,
35R.Borruso, G. Buonuomo, G. Corasanti, G. D’Aietti, “Profili penali dell’informatica”, Milano, 1994