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L’attentato ad impianti di pubblica utilità (art. 420 c.p.)

L’art.2 della l. 547/93 ha sostituito l’art. 420 c.p., nei seguenti termini: “Chiunque commette un fatto diretto a danneggiare o distruggere impianti di pubblica utilità, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da uno a quattro anni. La pena di cui al primo comma si applica anche a chi commette un fatto diretto a danneggiare o distruggere sistemi informatici o telematici di pubblica utilità, ovvero dati, informazioni o programmi in essi contenuti o ad essi pertinenti. Se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento dell’impianto o del sistema, dei dati, delle informazioni o dei programmi ovvero l’interruzione anche parziale del funzionamento dell’impianto o del sistema la pena è della reclusione da tre a otto anni”.

Il reato in esame è configurato come un delitto di attentato ovvero un delitto a consumazione anticipata, il cui momento consumativo coincide con l’azione stessa mirata a danneggiare o distruggere24. Ne consegue che la norma punisce gli atti diretti a produrre l’evento, e non il loro risultato. L’eventuale distruzione dell’impianto o l’avvenuto danneggiamento integra invece l’ipotesi aggravata.

Il reato è inserito nel libro II, Titolo V del codice penale, fra le fattispecie criminose atte a sovvertire l’ordine pubblico, sebbene concordemente la dottrina ritenga che tale ipotesi costituisca reato plurioffensivo, in quanto diretto sia contro l’incolumità pubblica sia contro l’ordine pubblico stesso25.

Da osservare che per la clausola “salvo che il fatto non costituisca più grave reato”, quello dell’art. 420 c.p. risulta reato sussidiario rispetto ad ogni altra fattispecie più grave integrata da fatti volti al danneggiamento o distruzione di impianti di pubblica utilità26.

La realizzazione del reato può avvenire con ogni strumento, essendo il reato a forma libera27: così esso verrebbe certamente integrato dall’introduzione all’interno delle memorie di massa del sistema di una c.d. “bomba logica” o di un virus informatico.

Per bomba logica si intende “un programma che entra in azione ad un determinato evento (orario, dato o altro) e che effettua un’opera di cancellazione o comunque di sabotaggio”.

Esso può essere inserito in una ordinaria applicazione ed entrare in funzione ad un determinata ora od in seguito ad un fenomeno monitorato ed avere come conseguenza il blocco del programma, la cancellazione dei dati e/o del programma stesso.

Naturalmente l’inserimento viene effettuato all’insaputa dell’utente dell’applicazione.

Il cd. “virus informatico” è invece “un programma creato per diffondersi da computer a computer, spesso danneggiando i dati e gli altri programmi presenti sulla macchina che lo esegue”28.

Il reato di cui all’art. 420 c.p. è reato comune.

La fattispecie aggravata prevista nell’ultimo comma dello st. art. 420 riguarda l’ipotesi di danneggiamento o distruzione dell’impianto (o del sistema informatico/telematico) a seguito dell’attentato (inteso come “azione violenta diretta a tentare di arrecare danno a cose o persone”)29.



24C. Faggioli, op. cit.,
25ibidem
26in accordo col brocardo latino “lex primaria derogat legi subsidiarie”
27ibidem
28http://www.guidapc.com/glossario/index.htm
29ibidem. Per quanto attiene alla definizione delle condotte criminose individuate dall’art. 420 c.p. si faccia riferimento a quanto già affermato a proposito dell’art. 392 c.p. al paragrafo precedente.


Tesi di laurea in dirtitto penale commerciale:
“La rilevanza penale del commercio on line”

di Nicolò Antonio Piave


- Università degli Studi di Cassino -
- Facoltà di Economia -
- Corso di laurea in Economia e Commercio -
- Anno Accademico 2003/2004 -