Le rappresentazioni della comunità AFS: dalle pratiche cognitive alle pratiche di auto-aiuto
Una della rappresentazioni più importanti che caratterizzano i
membri di AFS è quella sulla propria condizione di fobico sociale.
Spesso i membri soffrono di questo disturbo fin dall’infanzia o
adolescenza ma non sanno dare ad esso un nome, se non fin quando su
internet scoprono un sito o un forum che parla della fobia sociale.
Nel momento in cui essi trovano un nome per la loro condizione, molte delle loro esperienze vengono interpretate sotto una luce nuova, quella della fobia sociale.
Il trovare un nome per il proprio disturbo è
quello che in precedenza è stato definito come “atto linguistico
performativo” (Austin, 1987): quando il proprio disagio trova un nome,
la propria condizione cambia, così come le azioni intraprese da quel
momento in poi.
Questi atti linguistici performativi spesso prendono il via da una ricerca su internet:
Anche
l’ottenere un punteggio significativo nei vari test disponibili online
per scoprire se si ha la fs, può essere un elemento scatenante di
questa specie di “svelamento” sulla propria condizione. E’infatti
interessante notare come molti dei nuovi si presentino sul forum con
post con titoli del tipo: “Ho scoperto di avere la fobia sociale”, o
che riportino il punteggio ottenuto nel test che si trova sul sito, o
di altri test trovati sulla rete.
Il riportare il punteggio rende reale, legittima, la propria condizione di fobico sociale, e di conseguenza permette di affrontarla.
Con questi esempi non si
vuole assolutamente affermare che la fobia sociale sia una malattia
immaginaria e che non esista, si vuole solo mostrare come, a livello
cognitivo, il fatto di dare un nome alla propria condizione faccia in
modo di abbracciare e di far propria anche una rappresentazione del
mondo e renda possibile l’azione. Spesso infatti non sapere di avere un
disturbo che ha un nome e delle terapie che lo possono sconfiggere, non
permette di passare all’azione. L’essere in una comunità di fobici
sociali, che riflette su questa condizione e cerca delle soluzioni,
offre la possibilità di ridare ordine alla propria realtà, di trovare
un posto alla propria condizione:
Degno
di nota è il fatto che persone che soffrono di fobia sociale, e che
quindi difficilmente riescono a mostrare la loro condizione e a
chiedere aiuto in un rapporto FtF, trovino in rete forse l’unico modo
di procedere a questo atto linguistico performativo e di dare un
nome alla propria condizione e, di conseguenza, avere la possibilità di
agire in qualche modo contro di essa.
Se il riconoscersi come fobico sociale apre la via verso l’azione, da questa prima rappresentazione ne scaturiscono altre, in quanto i partecipanti al forum cominciando ad informarsi ed, interagendo con gli altri membri della comunità, cominciano a capire quale siano le terapie migliori, i libri da leggere e i primi passi da compiere.
Sul sito è riportata una lista di testi, che stata inserita dal curatore ma compilata da un altro membro, e sono molti i thread che parlano delle varie tipologie di terapie che possono essere utili per combattere la fobia sociale, oppure in cui ci si confronta sulla validità e sugli effetti collaterali dei farmaci che ognuno assume.
Non tutti i
membri hanno letto tutti i testi, ma la maggioranza ha sicuramente
letto il libro di Marshall41, alcuni quello della Dayhoff42. Sono,
infatti, abbastanza numerosi i post in cui si discutono i passi del
libro, si consigliano i capitoli da leggere in relazione ad un
particolare sintomo o situazione.
Naturalmente tra i membri ci sono
quelli che hanno letto molti libri, che leggono Riza Psicosomatica e
che da anni fanno ricerche su internet per trovare informazioni sui
farmaci o sulle nuove terapie, magari sperimentate all’estero. Qualcuno
è addirittura andato negli USA per sperimentare dei gruppi di
autoterapia:
Questi
membri, che potremmo definire “esperti”, sono quelli che trainano gli
altri, che propongono nuovi esercizi da fare, che sanno sempre dove
indirizzare gli altri per trovare informazioni.
Per quanto riguarda la terapia giudicata più valida dalla comunità, essa è sicuramente la terapia cognitivo-comportamentale la quale, a differenza della terapia analitica, porta il soggetto a riflettere sul proprio modo di pensare, sui processi cognitivi che portano alla visione distorta che egli ha della propria presenza sociale (parte cognitiva), cercando quindi di modificarli tramite una serie di esercizi ed azioni in modo da esporsi gradualmente alle situazioni che lo mettono a disagio, per poi superarle (parte comportamentale)43.
Gli stessi membri si esprimono come segue riguardo al fatto di condividere questa conoscenza e di creare una cultura condivisa:
Tutto
questo scambio di informazioni ha creato pian piano della conoscenza
condivisa: con questa conoscenza, come abbiamo visto, sono scaturite
delle pratiche interpretative che hanno portato all’azione.
Come viene sostenuto nell’ultima risposta, da una parte c’è l’insieme del sapere accumulato e condiviso dalla comunità, dall’altra le esperienze personali e le proprie capacità di reazione: insieme si ha la sintesi che, a mio avviso, sta nelle pratiche cognitive, ma anche di azione di auto-aiuto, che la comunità ha sviluppato.
Ma quali sono queste pratiche di auto-aiuto?
A seguito di un’idea lanciata da un membro, ma soprattutto seguendo i dettami della terapia cognitivo-comportamentale e l’esempio di alcuni gruppi di auto-aiuto stranieri, alcuni tra i membri che prima abbiamo definito come “esperti”, hanno deciso di creare un forum nel forum, cioè una zona dedicata all’azione. Effettivamente un gruppo di auto-aiuto online non può agire insieme nel vero senso della parola, ma l’azione di cui si parla in questo caso è un lavoro svolto su se stessi e sul proprio modo di pensare.
Il forum di auto-aiuto nasce dopo dieci mesi dalla nascita del forum principale, dopo che nella comunità c’è stato il tempo di creare una cultura condivisa e delle pratiche che ora vengono messe in azione.
Il forum è strutturato esattamente come l’altro a livello tecnologico, in quanto la struttura è fissa e fornita dall’host, ma mostra delle differenze sul modo in cui viene usato. La pratica tipica di comunicazione che generalmente viene adottata sui forum, viene modificata per rispondere alle esigenze del auto-aiuto. Vengono create nuove regole comunicative per gestire il discorso e i thread, in modo da poter portare avanti una specie di auto-analisi cognitiva e anche riportare i progressi fatti con gli esercizi di esposizione graduale.
Si ripropone di seguito la parte del primo post del forum di auto-aiuto che riporta le regole secondo le quali si svolge l’azione di auto-aiuto in AFS:
E’
sorprendente notare come dopo dieci mesi dalla nascita delle comunità,
i suoi membri siano in grado di trasformare in azione di auto-aiuto
online tutte le informazioni, la conoscenza e le esperienze accumulate
sulla fobia sociale.
Il forum di auto-aiuto ha avuto però un inizio di poco successo, sembra a causa del fatto che fosse pubblico, cioè leggibile da qualunque navigatore della rete, e che, di conseguenza, molti non se la sentissero di esporre la proprie esperienze personali e di analizzare i propri pensieri, potenzialmente di fronte a milioni di persone.
Per questo motivo il forum è stato reso privato, cioè consultabile sono dagli iscritti attivi del forum. In questo modo il forum ha cominciato a popolarsi maggiormente, a “vivere” di più, anche se va detto che le pratiche di auto-terapia sopra esposte non sono state seguite da molti e si è preferito usare il forum di auto-aiuto in maniera meno strutturata, per scambiarsi esperienze ed informazioni, confrontarsi sui passi avanti o indietro fatti e per organizzare incontri, senza seguire un protocollo.
A
mio avviso, i motivi per cui, una volta esplicitata la pratica di
auto-aiuto online, essa non venga seguita, non sono da imputare
pienamente al medium tecnologico, ma soprattutto alla difficoltà che
una pratica di auto-aiuto ha nell’essere accettata da chi soffre di un
disturbo come la fobia sociale. Quello che intendo dire è che anche se
l’auto-aiuto fosse stato offline, la difficoltà nell’obbligarsi a
vivere le situazioni che creano ansia sarebbe stata comunque presente,
con la sola differenza che in un gruppo FtF, il controllo sui progressi
fatti sarebbe stato più pressante. Probabilmente non è così semplice
iniziare un’auto-terapia senza l’appoggio, l’assistenza e il controllo
di uno specialista.
Un’altra pratica di auto-aiuto sviluppata successivamente dalla comunità è stata quella di istituire degli incontri settimanali in chat su temi inerenti alla fobia sociale o su temi generali, visti però dall’ottica di chi soffre di questo disagio.
La chat è una modalità comunicativa molto usata dalla
comunità, soprattutto per chiacchierare e conoscersi meglio, parlando
anche di argomenti che esulano dalla fs.
Prima che il
curatore del sito e del forum creasse una chat apposita, i membri si
incontravano nelle chat degli altri forum che frequentavano (più che
altro forum su disagi psicologici in generale).
Anche la chat, come il forum, pian piano si è svuotata da chi non era interessato alla fobia sociale e si è caratterizzata sempre di più come “chat AFS”. Una delle prove di ciò è proprio l’appuntamento tematico settimanale.
Va subito detto che anche questa pratica è stata seguita in maniera più ferrea nei primi tempi e poi ha cominciato a scemare, fino quasi a scomparire. Pian piano nessuno proponeva più dei temi per gli incontri, così l’appuntamento settimanale è rimasto, ma si svolge in modalità libera. I motivi per questa disaffezione sono probabilmente gli stessi di quelli che hanno portato alla destrutturazione del forum di auto-aiuto: la fobia sociale sembra essere più forte della volontà dei membri di sconfiggerla.
Anche in questo caso non sembra corretto attribuire questo “insuccesso” al medium comunicativo, visto che i membri sono dei frequentatori assidui di chat e la chat AFS, pur non avendo più gli incontri tematici, è comunque molto frequentata e i membri sembrano preferirla al forum quando si tratta di sentirsi più vicini, e non di approfondire la conoscenza sulla fobia sociale.
Una delle pratiche di auto-aiuto che risulta essere di maggiore interesse per gli interrogativi posti da questo lavoro di tesi è quella che viene chiamata dai membri della comunità “cell-terapia”. Tale neologismo deriva dall’unione dei termini “cellulare” e “terapia” e sta ad indicare un curioso modo di prolungare il sostegno emotivo offerto dalla comunità anche quando i membri non sono connessi alla rete e, soprattutto, nei momenti di difficoltà.
Questa pratica potrebbe rientrare anche in quelle che abbiamo definito come “pratiche empatiche” in quanto lo scopo è proprio quello di offrire un appoggio empatico, di far sentire che gli amici trovati nel forum sono sempre vicini. Essa è stata però inserita tra le pratiche di auto-aiuto in quanto se il contenuto è di tipo empatico, simile nel linguaggio alle altre pratiche dello stesso genere, ciò che la caratterizza maggiormente è il modo in cui essa è posta in azione.
La
“cell-terapia”, infatti, consiste nello spedire sms o fare brevi
squilli, al telefono cellulare di un membro che in quel momento sta per
affrontare, o sta affrontando, una situazione sociale che lo mette in
difficoltà a causa della fobia sociale. In qualche raro caso, e a
seconda del grado di conoscenza che c’è fra i due membri, qualcuno
azzarda anche a delle telefonate di sostegno.
Naturalmente non ho potuto assistere direttamente a questa pratica, ma essa era spesso citata e descritta nei post del forum e ho potuto farmi un’idea abbastanza precisa di cosa si trattasse. Ecco un parte di un post intitolato: “Fifa blu: Xanax, preghiere o cell-terapia?”.
La
“cell-terapia” è una pratica di auto-aiuto molto importante per il
gruppo ed è una delle poche che viene mantenuta con costanza, forse
proprio perché è quella che meno delle altre presuppone un elemento di
auto-analisi, ma consiste più che altro nel dare e ricevere sostegno.
Inoltre essa mette in relazione i membri che la praticano in un
modalità più personale, immediata e meno cerebrale rispetto al
forum.
Si potrebbe dire che essa è simile allo scambio
privato di e-mail, o a una discussione privata in chat, per quanto
riguarda il fatto di essere una comunicazione privata a due, ma con
l’aggiunta di essere in tempo reale, come la chat, e di raggiungere chi
necessita di sostegno proprio nel momento e nel luogo di maggior
bisogno.
Probabilmente sono queste le ragioni per cui, per chi soffre di un disagio come la fobia sociale, la comunicazione via cellulare sembra essere una soluzione apprezzata, dato che non costringe all’interazione FtF e, nel caso degli sms, nemmeno ad un dialogo diretto, ma offre la possibilità di essere presenti al momento giusto.
Dopo aver analizzato le pratiche d’azione di auto-aiuto, prendiamo ora in considerazione l’azione che il partecipare al forum in sé può esercitare in questo senso. In altre parole quale sia l’utilità percepita dai membri del far parte di una comunità online di Auto-Mutuo Aiuto e se essi la vedano come una specie di terapia.
Già in precedenza si è dimostrato come esista per i membri un “prima” e un “dopo” AFS, come cioè l’appartenere alla comunità, abbia mutato il loro modo di interpretare la propria condizione. Ora ci si concentrerà sull’utilità percepita.
Alla domanda posta in questo senso alcuni membri rispondono come segue:
Quelli
che ritengono che partecipare al forum possa avere un’utilità
terapeutica e chi invece ritiene di no, sono circa in egual numero,
anche se probabilmente questi due tipi di risposte non sono poi così
lontane tra loro.
Chi ha risposto negativamente ha interpretato il termine “terapia” in senso stretto, intendendo come terapia quella portata avanti da uno specialista, ma ha comunque associato il partecipare al forum con il fatto di ottenere sicuramente un aiuto. Questo significa che i membri del forum tendenzialmente percepiscono la comunità AFS non solo come un luogo in cui ottenere dell’aiuto di tipo informativo, ma anche dell’aiuto sostanziale nel combattere il loro disagio. Solo un risposta, la seconda, sembra considerare il forum come un luogo di scambio di informazioni, consigli ed esperienze e nient’altro.
Chi, al contrario, ha risposto positivamente ha inteso “terapia” in senso lato, come un aiuto offerto non solo dallo psico-terapeuta ma anche da gruppi come quelli di auto-Mutuo Aiuto.
Pur riconoscendo con convinzione che l’aiuto offerto può essere terapeutico, in una risposta, la sesta, viene esternata l’esigenza di passare a gruppi di auto-aiuto offline.
Se molti membri di AFS spingono all’interno della comunità per organizzare degli incontri FtF e dei gruppi di auto-aiuto offline, convinti che se ne ricaverebbero risultati migliori, altri sono convinti che l’incontro FtF sarebbe difficile per dei socialfobici e che l’auto-aiuto online offra, invece, quel senso di protezione necessario a che un socialfobico trovi il coraggio di aprirsi per farsi aiutate e offrire aiuto a sua volta:
Il fatto di preferire l’auto-aiuto online rispetto a quello di tipo canonico, sembra derivare dalla particolare difficoltà nell’avere rapporti FtF che la fobia sociale causa. La paura del giudizio degli altri pare, infatti, attenuarsi quando si intrattengono rapporti che non presuppongono in contatto diretto, dato che offrono la possibilità di ampliare a dismisura quello che Goffmann (1959) chiamerebbe il “retroscena”, cioè la possibilità di preparare il proprio intervento, di celare alcune emozioni o alcuni segni evidenti di agitazione come il rossore o il balbettio, in modo da creare un “ribalta” che trasmetta più controllo, più “normalità”.
Questi aspetti dell’auto-aiuto
sembrano essere più legati al tipo di comunicazione scelta e al tipo di
medium comunicativo che la sostiene. Ci occuperemo di questo rapporto e
di come i membri di AFS concepiscono la propria comunicazione online
nella prossimo capitolo.
41 Vedi nota n°15
42 Dayhoff, S. A., Come vincere l’ansia sociale, Erikson.
43 Questa breve descrizione della terapia cognitivo-comportamentale non vuole essere una descrizione di tipo specialistico o medico, essa ha solo una valenza descrittiva, in modo da fornire un’idea generale ai lettori meno esperti.