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La azienda ideale parte II

di Marcello Sabatini

www.msconsulting.it


Introduzione

Nella prima parte dell’ articolo abbiamo modellato il processo “innovazione” evidenziando la strategicità della prima delle sue tre fasi: L’ osservazione. A tal fine, abbiamo elencato le principali attività e gli oggetti dell’ osservazione e abbiamo descritto alcune tecnologie di supporto.
L’ obiettivo dell’ osservazione è di costruire una conoscenza strutturata e facilmente fruibile per alimentare la fase di analisi e di strategia. Abbiamo chiamato tutto questo “La fabbrica delle idee” riferendoci all’ azienda che ne fa uso come “L’ azienda ideale”.
In questa seconda parte continueremo il nostro viaggio all’ interno della Fabbrica delle idee ripartendo proprio dal delicato problema della costruzione della “Conoscenza”.


La costruzione della conoscenza

Per il momento affrontiamo il problema nella sua componente più semplice intendendo per “conoscenza” i risultati della osservazione interna ed esterna. Rimandiamo alle sezioni seguenti la problematica ben più complessa del knowledge management.
Anche l’ osservazione di fatti ed eventi che caratterizzano l’ ambiente in cui l’ azienda opera richiede principalmente metodo. L’ osservazione indiscriminata infatti rischia di generare una quantità di informazioni disomogenee (per tipologia e livello di dettaglio) difficilmente gestibile e interpretabile. E’ necessario quindi sapere dove osserviamo, cosa osserviamo e, soprattutto, perché osserviamo. La tabella che segue offre una linea di guida relativamente all’ ambito (dove) e agli oggetti (cosa) del’ osservazione.



Nella tabella, il settore industriale e l’ azienda rappresentano gli ambiti dell’ osservazione mentre le righe indicano le categorie di fatti ed eventi (cosa) da osservare secondo la proposta di Peter F. Drucker nel suo articolo “The discipline of Innovation”.

Ciascuna delle tipologie di Drucker conterrà fatti ed eventi che influiscono sulle cinque forze competitive del settore industriale proposte da M.Porter che ricordiamo essere:

  • Potere contrattuale dei fornitori
  • Potere contrattuale dei clienti
  • Minaccia di prodotti sostituti
  • Minaccia di nuovi entranti
  • Intensità della concorrenza

Le determinanti di ciascuna forza competitiva possono essere reperite nel libro di M. Porter “Il Vantaggio Competitivo” (Edizioni di Comunità - Einaudi) oppure all’ indirizzo http://www.quickmba.com/strategy/porter.shtml .
Ad esempio, una delle determinanti il potere contrattuale dei clienti e' l' impatto che un dato prodotto o servizio ha sui "compiti" che il cliente deve svolgere o nel suo lavoro o nel contesto della sua vita privata. I fattori che influiscono su questo aspetto sono molteplici ma possono essere sintetizzati (vedi Anthony W. Ulwick : Lost in Translation - Strategy&Innovation May-Jun 2004) in trepunti essenziali:

Quali compiti devono essere svolti
Quali sono i criteri di qualita' usati
Quali sono i vincoli

La casella identificata dalla colonna "Clienti" e la riga "Cambiamenti nelle percezioni" potrebbe essere riempita con i risultati di questa osservazione.

Quindi il settore industriale, le tipologie di fatti ed eventi e le determinanti le forze competitive dovrebbero rappresentare un ottimo contesto per circostanziare il “dove” e il “cosa” dell’ osservazione. Ma come è stato accennato in precedenza, il tema centrale dell’ osservazione è il “perché”. Nel “perché” infatti risiedono gli strumenti basilari indispensabili alla successiva fase di analisi. Tali strumenti rappresentano la strategia aziendale, intesa come un insieme definito e codificato di obiettivi e azioni . Per comprendere le relazioni tra osservazione e strategia facciamo riferimento al lavoro svolto da Nitin Nohria (N. Nohria, W. Joyce, B. Roberson: What Really Works – Harvard Business Review) che ha rilevato che le aziende che producono maggior (e durevole) valore per i loro soci e/o azionisti sono quelle che hanno adottato la regola del 4 + 2. In tale regola, la definizione della strategia appartiene alle 4 pratiche principali che le aziende di successo adottano e viene definita nel modo seguente:

“Costruite la vostra strategia basandovi su una profonda conoscenza dei vostri clienti e delle capacità della vostra azienda (nda: osservazione esterna ed interna). Comunicate la strategia ai dipendenti, clienti e shareholders in modo chiaro e consistente. Rifinite la vostra strategia solo in funzione di cambiamenti nel mercato”


L’ Analisi

Con la fase di analisi si entra nel cuore della fabbrica delle idee. L’ analisi è il momento in cui possiamo (e dobbiamo) parlare di “conoscenza” senza timore di usare il termine in modo improprio.
Per impostare il problema ricorriamo ad un passo del libro di Enzo Rullani “ La fabbrica dell’ immateriale – Editori Carocci” dove si definisce l’ attività di innovazione come appartenente al processo di propagazione della conoscenza:

“Non solo perché impiega una gran massa di conoscenze pre-esistenti, ma anche perché passa per la divisione del lavoro tra molti “specialisti”, che sperimentano in campi differenti soluzioni convergenti utili per rispondere allo stesso problema”

Da questo passo possiamo estrapolare alcuni ingredienti fondamentali dell’ innovazione:

  • Lavoro di gruppo e Multi-disciplinarietà
  • Conoscenze pre-esistenti (Know-how storico)
  • Sperimentazione
  • Convergenza di obiettivi

A questi, aggiungiamo un ulteriore ingrediente che svolge un ruolo di “propulsione”: la motivazione.


Lavoro di gruppo e multi-disciplinarietà

Evitando di entrare nei meandri della teoria, possiamo affermare che una strategia di azienda ben definita investe la intera value chain lungo la quale sono attive risorse dalle competenze e specializzazioni diverse. Per coloro familiari con il metodo della Balanced Scorecard il concetto apparirà senz’ altro più chiaro. Essendo la strategia l’ elemento centrale dell’ innovazione, è chiaro che la fase di analisi richiede le specializzazioni di tutti e, principalmente, la motivazione di tutti a confrontarsi scambiandosi esperienze ed interpretazioni dei fatti osservati e utilizzando le relazioni causa effetto definite a livello strategico per analizzare l’ impatto che nuove idee hanno sulla strategia aziendale.


Conoscenze pre-esistenti

La produzione di conoscenza è un processo circolare indivisibile. Nuove conoscenze derivano dall’ applicazione di vecchie a nuove osservazioni. Anche in questo caso non vogliamo fare della teoria e ci limitiamo quindi a sottolineare l’ importanza che il know-how storico presente in azienda ha nella fase di analisi e di produzione di idee. Anche in questo caso, proponiamo un passo estratto dal libro di Rullani:

“Sono ancora le precedenti conoscenze a fornire il senso generale alla ricerca di nuove soluzioni. I problemi da risolvere, infatti, non sono dati, ma devono essere definiti creativamente dai soggetti in gioco attraverso elaborazioni cognitive che interpretano le esigenze, i desideri, le identità e i presupposti da cui prendere le mosse”


Sperimentazione e Ricerca

Lo sperimentare e il fare ricerca sono due cardini insostituibili della fabbrica delle idee. La ricerca e la sperimentazione (evitando di confondere i due termini) portano nuova conoscenza utile alla definizione di nuovi problemi e nuove soluzioni. La sperimentazione e la ricerca generano nuovi fatti da osservare, analizzare e trasformare in nuove conoscenze.


Convergenza di obiettivi

Comunicazione e condivisione di obiettivi sono una delle 4 pratiche primarie adottate dalle aziende di successo. Il sentirsi protagonisti della strategia, capirne e condividerne le finalità rappresenta l’ elemento irrinunciabile di una strategia di successo. La comunanza di obiettivi si raggiunge principalmente chiarendo il ruolo che i singoli hanno nel raggiungimento degli obiettivi stessi. Rischiando di sembrare ripetitivi, citiamo ancora una volta la Balanced Scorecard come metodo di definizione strategica dove obiettivi e azioni di ciascuna delle quattro prospettive sono legati da relazioni causa-effetto che evidenziano e valorizzano proprio i singoli contributi nel contesto della strategia aziendale. Ed è più che dimostrato che il sentirsi partecipi alle e protagonisti delle scelte strategiche aziendali è un elemento di aggregazione e motivazione di gran lunga più efficace della semplice incentivazione economica.

Appare a questo punto evidente che l’ arte dell’ innovazione si basa sulla capacità di gestire risorse umane per produrre conoscenza. L’ azienda ideale conosce il significato del termine Knowledge-management e proprio per questo non impone alle sue risorse la pubblicazione del proprio “sapere” in un database. In “How to fix knowledge management – David Gilmour HBR” si evidenzia che il vero motivo per cui gli attuali sistemi cosidetti di knowledge-management hanno deluso le aspettative di chi li ha acquisiti (nel 2002 le aziende americane hanno investito 4.5 Mld di dollari) è che sono basati sul paradigma della pubblicazione, paradigma che si è rivelato inadatto. Il motivo riportato dall’ autore risiede nel fatto che le persone producono enormi quantità di conoscenza ad un ritmo di gran lunga superiore alla capacità di catturare tali conoscenze in tempo reale. Inoltre, aspetto ancora più rilevante, le persone non sono quasi mai disponbili a comunicare a 360° ma esibiscono piuttosto una forte selettività nelle informazioni che cedono ad altri.
L’ azienda ideale ha capito il valore che la conoscenza ha per chi la possiede ed ha trovato nella condivisione dei principali momenti decisionali (la fabbrica delle idee appunto) con i suoi dipendenti e dirigenti la leva principale per far si che le conoscenze dei singoli siano disponibili nei momenti giusti del processo di innovazione (la fase di analisi). In sintesi un sistema di knowledge management che funziona è quello che fa sì che le conoscenze siano disponibili quando servono. In tali momenti, i possessori di tali conoscenze sono motivati a cederle perché ne capiscono le ragioni sia personali che comuni, ragioni che risiedono nella stretta relazione che c’è tra la crescita e lo sviluppo della loro azienda e la crescita e lo sviluppo individuale.
Quella che abbiamo definito come la fase di analisi è quindi il momento in cui osservazione, conoscenza, creatività, ricerca, sperimentazione e, soprattutto motivazione, producono “innovazione” in un contesto strategico definito, codificato e condiviso.


Il ruolo della tecnologia

Nel contesto descritto fin’ ora la tecnologia può avere un solo ruolo: abbattere il maggior numero possibile di barriere che contrastano l’attitudine a cooperare per un fine comune. Da questa prima affermazione emerge un limite al ruolo che la tecnologia può avere; infatti, non tutte le barriere possono essere rimosse con gli strumenti tecnologici. Abbiamo infatti descritto come la gestione della conoscenza sia una “pratica” che si attua principalmente attraverso strumenti motivazionali. Ma è allo stesso tempo vero che lì dove la gestione della conoscenza mostra di avere successo non possano essere presenti elementi di disturbo e frustrazione. La interazione, il confronto e, in generale, la comunicazione deve essere assecondata in ogni modo possibile. Ed è qui che lo strumento tecnologico assume la sua piena importanza e gioca il suo ruolo chiave.
Da questo punto di vista il mercato dell’ offerta ICT si sta sviluppando molto rapidamente ed esibisce soluzioni di ottimo livello qualitativo. Dando per scontata l’ estrema utilità di strumenti intranet tradizionali, suggeriamo di valutare con attenzione le soluzioni offerte dal mondo wireless e dal mobile-business che, nonostante alcuni inevitabili limiti, sono in grado di assecondare in ogni momento la “volontà” di interagire.
In generale, per costruire un sistema di supporto al knowledge-management, il suggerimento è di partire dal basso dotandosi degli strumenti di comunicazione basilari (e-mail, file-sharing) per poi assecondare l’ evoluzione attitudinale degli attori coinvolti dotandoli degli strumenti che via via si rendono necessari. Infatti la storia recente ci ha chiaramente mostrato come l’ approccio inverso non offra alcuna garanzia di successo.


Ma cos’ è innovativo?

Nel tentare di offrire alcune linee guida per “riconoscere l’ innovazione” arriviamo alla fine del nostro percorso all’ interno dell’ azienda ideale e della sua fabbrica delle idee. In generale non è possibile legare la creatività a delle regole fissate apriori e non è questo che vogliamo fare. Ma vogliamo piuttosto riportare alcuni elementi la cui validità non è dimostrata scientificamente (l’ innovazione non è affatto una scienza esatta) ma che sono estratti da casi di successi ed insuccessi studiati negli anni da vari autori di cui citiamo nella bibliografia. Una premessa deve comunque essere fatta: un’ innovazione è un cambiamento che produce valore. Dal concetto di innovazione escludiamo quindi cambiamenti fini a se stessi o che, paradossalmente,….arrecano danno a chi li attua!
Un primo schema utile alla riflessione ce lo offre Luca Ferrucci nel suo libro “Strategie competitive e processi di crescita dell’ impresa – Franco Angeli” in cui è netta la distinzione tra innovatore, inventore e imitatore. Riassumiamo brevemente i tre concetti così come proposti da L. Ferrucci:

“L’ inventore è colui che per primo realizza un nuovo prodotto o una nuova tecnologia, senza però occuparsi delle sue possibili applicazioni…..”

“L’ Innovatore è colui che, partendo da un’ invenzione, è in grado di capirne la portata applicativa ….”

“Gli Imitatori sono dati dalle imprese concorrenti che perseguono una logica di imitazione dell’ innovazione….”

Parlando di innovazione di prodotto (questa è solo una delle tipologie di innovazione), J. Goldenberg, R. Horowitz, A. Levav e D. Mazursky (“Finding your innovation sweet spot” HBR Marzo 2003) evidenziano che esistono almeno cinque differenti schemi di innovazione che partono da un prodotto già esistente. Ne citiamo solo uno per rendere l’ idea:

Sottrazione: in controtendenza rispetto alla pratica comune di arricchire prodotti esistenti con nuove funzioni (il che porta ad un corrispondente aumento della complessità di uso del prodotto) la sottrazione consiste nell’ usare l’approccio inverso e cioè quello di rimuovere funzionalità da un prodotto esistente. A supporto di questo, gli autori citano il caso del lettore DVD Slimline Q-series di Philips Consumer Electronics nato dalla rimozione del display e dei pulsanti di controllo dall’ apparecchio demandando le funzioni connesse alla interfaccia grafica offerta dal telecomando. Questa “sottrazione” ha permesso di disegnare un apparecchio estremamente innovativo per forma e semplicità di uso.

Gli altri schemi sono la moltiplicazione, la divisione, la unificazione delle funzioni, le modifiche alle relazioni di dipendenza con l’ ambiente esterno.

I cinque schemi sono differenti e per i dettagli rimandiamo all’ articolo citato in precedenza. Nel nostro caso volevamo evidenziare una strategia di innovazione che parte, in tutte le sue cinque componenti, da un prodotto esistente piuttosto che da un nuovo oggetto appena inventato.

Esistono altri metodi che hanno dato vita a grandi innovazioni di prodotto: ad esempio l’ utilizzo di un vecchio prodotto in un nuovo contesto (vedi la telefonia mobile) e così via.

Ma l’ innovazione non è solo di prodotto. L’ innovazione riguarda i processi, riguarda l’ intero modello di business. Chi ha seguito le storie di Toyota e Dell può comprendere meglio a cosa ci si riferisce. Toyota ha realizzato una catena di produzione che ha rivoluzionato il modo di produrre automobili; inoltre il suo modello è tale da risultare quasi impossibile da replicare al punto che i top managers della nota casa giapponese non hanno esitato ad ospitare i manager delle case concorrenti all’ interno delle proprie fabbriche!

Senza dilungarci oltre e rimandando alla bibliografia per eventuali approfondimenti, abbiamo visto che l’ innovazione può essere ottenuta utilizzando vari approcci tutti validi purchè, ritorniamo quindi alla nostra definizione originale, generino cambiamenti che producono valore.


Conclusioni

Non è mai facile parlare di innovazione senza cadere nella tentazione di passare dal business alla filosofia. In questo articolo abbiamo cercato di limitarci a definire un modello di riferimento non innovativo di per sé ma funzionale alla pratica dell’ innovazione. Nel descrivere il modello rappresentato dalla fabbrica delle idee abbiamo focalizzato l’ attenzione su tre punti centrali: la strategia, l’ osservazione e la gestione della conoscenza. Abbiamo inoltre accennato ad alcune tecnologie che possono supportare il modello. Nel farlo, tuttavia, abbiamo solo sfiorato alcuni aspetti (team building, ricerca e sperimentazione, lo stesso tema del knowledge-management) che avrebbero meritato un adeguato approfondimento e che ci riproponiamo di affrontare in un prossimo futuro.


Bibliografia

Michael Hammer: Deep Change – How Operational Innovation Can Trasfrom Your Company – Harvard Business Review Aprile 2004

Bhaskar Chakravorti: The New Rules for Bringing Innovation to Market – Harvard Business Review Marzo 2004

Fiona Lettice, Pete Thomond: Disruptive Innovation: The Challanges for Managing Knowledge – www.knowledgeboard.com

Kathleen M. Sutcliffe, Klaus Weber: The High Cost of Accurate Knowledge – Harvard Business Review Maggio 2003

David Glimour: How to Fix Knowledge Management – Harvard Business Review Ottobre 2003

Enzo Rullani: La Fabbrica dell’ Immateriale – Edizioni Carocci

Luca Ferrucci: Strategie Competitive e Processi di Crescita dell’ Impresa – Franco Angeli

Jacob Goldenberg, Roni Horowitz, Amnon Levav, David Mazursky: Finding Your Innovation Sweet Spot – Harvard Business Review Marzo 2003

Andrew Hargadon, Robert I. Sutton: Building an Innovation Factory – Harvard Business Review Maggio – Giugno 2002

Michael Porter: Il Vantaggio Competitivo – Edizioni di Comunità

P. Drucker : The Discipline of Innovation – Harvard Business Review Dicembre 1998

Robert S. Kaplan, David P. Norton: Balanced Scorecard - Harvard Business School Press

Robert S. Kaplan, David P. Norton: The Strategy Focused Organization - Harvard Business School Press

Michael Porter, Cynthia Montgomery: Strategia – Il Sole 24 Ore

Robert S. Kaplan, David P. Norton: Putting the Balanced Scorecard to Work – Harvard Business Review Sett-Ottobre 1993

Robert S. Kaplan, David P. Norton: Using the Balanced Scorecard as a Strategic Management System – Harvard Business Review Gennaio-Febbraio 1996

Robert S. Kaplan, David P. Norton: Having Trouble with your Strategy? Then Map It – Harvard Business Review Sett-Ottobre 2000

Nitin Nohria et al: What Really Works – Harvard Business Review

Anthony W. Ulwick: Lost in Translation - Strategy&Innovation May-Jun 2004

Marco De Marco, Vito Salvo, Walter Lanzani: Balanced Scorecard: Dalla Teaoria alla Pratica – Franco Angeli

Thomas H. Davenport: Innovazione dei Processi – Franco Angeli

ISTAT: L’ Innovazione nelle Imprese Italiane negli Anni 1998-2000 – Aprile 2003

Paolo Annunziato, Giuseppe Shlitzer: La Ricerca e l’ Innovazione in Italia – Confindustria Ottobre 2003