Innovazione e PMI
di Marcello Sabatiniwww.msconsulting.it
Introduzione
Il 2002 è stato un anno di stasi economica in cui il tessuto produttivo italiano ha dovuto affrontare le ben note incertezze politico-economiche nazionali ed internazionali. In un contesto in cui i consumatori frenano e le aziende puntano alla razionalizzazione dei loro costi, fa quasi scalpore uno 0,4% di incremento del PIL.
In quello 0,4% bisogna leggere sicuramente lo stato di sofferenza ma, allo stesso tempo, la innata vitalità delle aziende italiane, la endemica capacità di trovare, seppur con estrema fatica, nuovi sbocchi di mercato. La Piccola e Media Impresa italiana è un fenomeno unico in Europa, invidiatoci da tutti i paesi industrializzati che merita si attenzione ma, e soprattutto, supporto concreto. A partire dagli organi di governo, fino alle amministrazioni locali e alle associazioni di categoria, la PMI deve essere l’obiettivo di azioni di supporto concrete, efficaci e veloci. La parola d’ordine è innovazione. Innovazione di idee, di prodotto, di servizio; innovazione nei modelli di business, innovazione nelle catene del valore. Coraggio di arricchire l’ azienda con nuove conoscenze, nuove attitudini e nuove tecnologie per affrontare la nuova sfida che un mercato sempre più globale lancia ai nostri imprenditori.
L’innovazione tecnologica
Il 2002 è stato l’anno della “frenata” e dell’inversione di tendenza degli investimenti in tecnologie. Sicuramente colpa del clima di incertezza, ma contribuisce in buona misura a nostro avviso la mancanza di ritorni dagli investimenti fatti negli anni precedenti che sta determinando un ritorno al considerare la tecnologia niente più che un costo da sopportare e, possibilmente, da ridurre al minimo indispensabile.
Ma come siamo arrivati a questo? Si parla di Finanziaria che taglia in modo non selettivo, di eGovernment in ritardo; in generale si parla della mancanza di spinta politica verso l’innovazione. Senz’altro le azioni di governo sono indispensabili alla creazione delle condizioni che servono alla valorizzazione di azioni e processi innovativi. Ma, crediamo, che altre motivazioni vadano ricercate in ciò a cui abbiamo assistito negli anni tra il 1999 e il 2001. Una premessa: le aziende italiane sono guidate da imprenditori che vogliono il bene delle proprie aziende e che non hanno motivi di tagliare investimenti quando credono nei possibili ritorni. Premesso questo, perché le aziende hanno contratto le loro spese in tecnologie?
Il mercato ICT è in crescita continua da circa 10 anni il che ci fa pensare che le aziende abbiano creduto nell’innovazione. Forse il 2002 è stato l’anno della delusione, cioè l’anno in cui gli investimenti degli anni precedenti non hanno prodotto i risultati sperati. Ma quali possono essere le motivazioni? Il problema è piuttosto complesso: negli anni del boom di Internet, la tecnologia è stata percepita e, fatto ancora più grave, venduta come se fosse tutto ciò che serviva a fare business. I fornitori proponevano facili ricavi attraverso la vendita di soluzioni per il commercio elettronico. Nessuno, in quel periodo, avvisava le aziende che il mercato non era pronto e soprattutto che loro stesse non erano pronte a recepire le logiche di un modello di business di fatto poco definito. Sembrava che un sito di e-commerce rappresentasse da solo il modello di business.
Purtroppo non è stato così, non è così e mai sarà così. Un processo di innovazione è un qualcosa di multidimensionale in cui la tecnologia rappresenta solo una delle varie dimensioni. Per innovare, sono necessarie competenze, organizzazione, e anche tecnologie adeguate e funzionali alle vere necessità.
Ma nonostante tutto, nonostante la parziale perdita di fiducia, il taglio indiscriminato delle spese in ICT non è la strada corretta da percorrere. I momenti di crisi, come quello che stiamo vivendo, fanno generalmente da preludio a nuovi scenari di mercato ai quali dobbiamo essere preparati. Ed è quindi proprio in momenti come questo che dobbiamo investire per cambiare e per essere pronti alle sfide del prossimo futuro. La differenza sta nel metodo, nella sequenza di passi da percorrere e nella oculatezza nello scegliere i partner tecnologici.