L'evoluzione di SAP con NETVEAWER
L’intento di questo articolo è quello di fornire un utile esempio di come un’innovazione tecnologica possa influenzare il processo di produzione del softare, pertanto evidenziare come cambiano i ruoli, le competenze, le attività che regolano il ciclo di vita del softare in una società del settore come SSC by Pirelli & Telecom Italia a seguito dell’implementazione di SAP NETEAVER da parte delle società Clienti (Telecom Italia,Tim,Olivetti,Pirelli).
La crescente complessità dei mercati, l’accorciamento del ciclo di vita dei prodotti unito ad una crescente difficoltà nell’interpretare i bisogni dei consumatori ha portato le imprese a fronteggiare un ambiente sempre più competitivo caratterizzato da una forte dinamicità e da una sostenuta turbolenza. Queste condizioni hanno indotto le imprese a cercare delle nuove tecnologie a supporto dei processi aziendali e in cui i sistemi informatici hanno rivestito un ruolo di primaria importanza. I SI a supporto dei processi sono tipicamente sistemi modulari in cui ciascun modulo è finalizzato al supporto di specifiche categorie di processo con un elevato livello di integrazione. Tra queste soluzioni informatiche troviamo gli ERP (Enterprice Resource Planning).
Un sistema ERP deve essere capace di supportare il ridisegno dei processi di business, standardizzare le attività, normalizzare i processi, integrare le diverse unità organizzative. In questo modo è possibile snellire e integrare i processi, standardizzare le attività della struttura aziendale, abbattere la documentazione cartacea. Esso attraverso le sue caratteristiche “architetturali” (data base server, application server e presentation server) e “funzionali” (unicità di informazione, estensione e modularità funzionale e prescrittività) permette di perseguire una trasformazione dei processi e del modello di business con vantaggi di natura operativa, quindi una maggiore efficienza e risparmi dei costi nonché un’efficacia e aumento del valore, e di natura strategica, quindi un miglior posizionamento competitivo, aumento del margine e fatturato aggiuntivo.
L’integrazione di tali soluzioni ha, però, impatti sulla gestione aziendale e sulla struttura organizzativa; pertanto richiedono un ripensamento dei processi aziendali che può divenire un terreno fertile per un Business Process Reengineering.
Tale metodologia si avvale di due correnti di pensiero. Da un lato vi è la corrente di pensiero professata da Davenport proiettata verso cambiamenti incrementali che permettono ad una realtà aziendale di adeguarsi a quelle che sono le nuove esigenze del mercato e quindi del nuovo modo di soddisfare le esigenze dei clienti; dall’altro una corrente di pensiero di natura radicale, che vede in Hammer il portavoce di tale approccio, che vede il passaggio da un modello attuale ad un nuovo modello. Entrambe le metodologie sebbene con approcci diversi vogliono conferire alla realtà aziendale delle condizioni che la portino ad essere elastica e quindi capace di saper cogliere le opportunità e fronteggiare le instabilità che provengono dal mercato.
Una metodologia di BPR si articola in tre fasi: una prima fase in cui si definisce il campo di applicazione dell’intervento; una seconda fase di mappatura dei processi e diagnosi con cui si costruiscono le attività così come sono allo stato attuale (as-is) a valle del quale è possibile individuare delle aree di miglioramento; infine la riprogettazione destinata alla ridefinizione dei processi sulla base delle problematiche emerse nelle fasi di diagnosi. Pertanto, percorrendo tali fasi della metodologia, che nell’ambito del contesto aziendale a cui si riferisce l’articolo risulta essere di natura incrementale, vista l’assenza di una condizione di emergenza dovuta all’implementazione di una nuova versione di SAP e del carico innovativo che si fa portatore, è possibile arrivare alla definizione delle nuove attività che definiscono i processi.
L’innovazione tecnologica in un’impresa di softare, può riguardare le metodologie di “produzione” e “progettazione” delle soluzioni; l’evoluzione che nel tempo ha investito tali metodi riguarda nell’ambito della “produzione” il passaggio da un modello sequenziale, in cui le fasi si susseguono rigidamente a “cascata”, a modelli iterativi incrementali, tra cui emerge il RUP (Rational Unified Process), in cui le fasi di produzione sono di durata inferiore rispetto al aterfall e non rigidamente interconnesse; entrambe le metodologie sono però di tipo predittive ovvero cercano di “prevedere” come evolverà il sistema softare. Questa caratteristica risulta essere un limite nell’ambito di quei progetti in cui i requisiti utenti cambiano con estrema frequenza.
Con le metodologie agili, di natura adattiva, si superano tali limiti in quanto si cerca di “adeguare” la produzione del softare all’evoluzione dei requisiti utente. Tra di esse si trova la massima espressione in XP (eXtreme Programming di Kent Beck) con la definizione di “valori” come la comunicazione, il feedback, il coraggio e la semplicità, e di “pratiche” come brevi rilasci, pianificazione, metafora e cosi via, da seguire per assicurare una buona produzione delle soluzioni softare.
Per quanto riguarda la “progettazione” si è assistito al passaggio da un approccio strutturato,in cui si effettua una distinzione tra dati e modelli, ad uno orientato agli oggetti, in cui viene superata tale distinzione con “l’oggetto”: un unità di programma chiuso in cui sono presenti dati e funzioni. Tale evoluzione ha portato dei benefici non solo nella progettazione (basti pensare che con l’approccio Object Oriented si usano gli stessi modelli sia in fase di analisi che di disegno garantendo un risparmio in termini di tempo e costi), ma anche nei paradigmi di programmazione, in cui con i principi di ereditarietà, incapsulamento, polimorfismo e aggregazione, si favorisce il riuso, si assicura una riduzione dei tempi e una maggiore qualità delle soluzioni softare. Una società di softare che vuole essere al passo con i tempi e quindi rispondere in maniera efficiente a quelle che sono le richieste di fabbisogno dei clienti, deve approcciare a tali cambiamenti, e quindi prepararsi a fronteggiare le conseguenze sui processi e sull’organizzazione. Quindi un’innovazione tecnologica può divenire spunto per un BPR, in cui, percorrendo le fasi che lo definiscono, è possibile arrivare a ridisegnare i processi che regolano la produzione delle soluzioni softare.
Nell’ambito del Centro Sviluppi Softare dello Shared Service Center di Pirelli & Telecom Italia è stato possibile valutare come cambiano i ruoli, le competenze, le attività che regolano il ciclo di vita del softare. L’implementazione della nuova versione di SAP, che è stata dettata dal mercato, da parte delle Società Clienti (Telecom Italia, Tim, Pirelli, Olivetti) che segna l’evoluzione da SAP R/3 alla suite di SAP NETEAVER, comporta, tra le tante innovazioni, il passaggio da un linguaggio strutturato, con cui si personalizza SAP R/3, ad un linguaggio orientato agli oggetti, con cui avviene lo sviluppo della suite di SAP NETEAVER.
Nel corso della mappatura di processi, condotta presso il Centro Sviluppi Softare di SSC della sede di Napoli, è stato individuato il processo di produzione del softare sia per ABAP (linguaggio strutturato) che per JAVA (linguaggio orientato agli oggetti). Per entrambi i cicli sono state riprodotte le matrici di competenza (LRC) attraverso le quali si possono individuare le attività che regolano tali processi di sviluppo e il ruolo che ciascun attore copre nelle suddette attività; pertanto confrontando le suddette matrici è possibile osservare come cambiano da un lato le attività nei due processi di sviluppo dall’altro i ruoli e le competenze con la nuova tecnologia (JAVA). Da tale confronto sono emerse delle considerazioni di seguito illustrate.
Mentre nell’ambito del linguaggio strutturato le competenze possono essere raggruppate nella conoscenza del linguaggio ABAP e le attività sono prevalentemente di sviluppo, in ambito del linguaggio orientato agli oggetti le competenze e le attività che regolano il processo di produzione del softare si allargano. Nel passaggio da ABAP a JAVA gli attori che regolano il processo di produzione delle soluzioni softare devono avviarsi ad una formazione che sia orientata allo sviluppo di una logica object oriented che consista nell’acquisire strumenti che permettono il “disegno e lo sviluppo del softare”. Quindi, in termini di attività, si riscontra in ambito JAVA una fase in più rispetto all’ambito ABAP, ovvero quella di progettazione o “disegno”. A tal fine è importante la conoscenza del linguaggio UML (Unified Model Language), il quale fornisce il potere espressivo necessario a modellare un sistema informatico secondo una prospettiva “object oriented”. In termini di ruoli si viene ad inserire una nuova figura professionale: il designer. Questi nasce nell’ambito dell’approccio OO e viene a porsi all'incirca in mezzo tra l’analista e il programmatore; la sua attività è quella di disegnare (da cui il nome) esattamente le classi e le loro relazioni, raggruppando il tutto in package, creando astrazioni e riusando, possibilmente, astrazioni già esistenti. Egli, con le sue competenze in ambito di requisiti utente, può assicurare una buona progettazione delle soluzioni softare, assicurare un maggiore avvicinamento della Fabbrica ai Clienti a vantaggio di una migliore qualità del softare e del lead-time di produzione.
Tale innovazione necessita, pertanto, di una preparazione in termini di formazione del personale in forza alla Fabbrica al fine di assicurare per gradi un approccio alla nuova tecnologia senza che ci siano grossi sconvolgimenti che possano avere risvolti negativi su coloro che per anni hanno lavorato in ambienti “strutturati”.
L’introduzione del designer comporta la necessità di individuare questa nuova figura professionale al fine di assicurarsi i vantaggi di sopra descritti, ma soprattutto di essere al passo con i tempi per soddisfare le aspettative delle Società Clienti.