La repressione penale
La repressione delle frodi realizzate con carte di credito è assicurata in Italia dall’art. 12 ex L. 197/91, dove sono punite tre fattispecie aventi ad oggetto le “carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di serviz.”.
Le tre fattispecie sono: l’utilizzazione indebita, la contraffazione e la ricettazione delle carte di credito.
Al riguardo, è stato rilevato un limite della legge, nonostante la sua
“duttilità applicativa”77: i reati contemplati dall’art 12 si
applicano solo ai documenti che abilitino al prelievo di denaro
contante o all’acquisto di beni o servizi. Ne consegue che le
transazioni che avvengono in Internet per le quali non è necessario
l’utilizzo di un documento (o comunque un documento differente dalla
carta di credito) risultano soggette ad un trattamento legislativo
differente o del tutto sprovviste di tutela78.
La prima parte dell’art 12 ex L.197/91 punisce con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 309,47 ad euro 1549,37 “chiunque, al fine di trarre profitto per sé o per gli altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare” i documenti indicati nel medesimo disposto normativo.
La norma trova applicazione solo nei confronti del terzo non legittimo titolare della carta che la utilizzi indebitamente, sicché “nell’ipotesi in cui la carta venga usata dal suo legittimo titolare in modo difforme rispetto ai poteri ed ai limiti stabiliti per contratto, non si avrà <<appropriazione indebita>>”79, mentre permarrà l’illecito sul piano civilistico. La rilevanza penale può invece sussistere nel caso in cui il legittimo titolare della carta la utilizzasse, una volta scaduta o nonostante l’interdizione da parte dell’emittente.
La Cassazione, infatti, ha rilevato che “in tema di uso indebito della
carta di credito, l’art. 12 d.l. 3 maggio 1991 n. 143 (convertito nella
L. 5 Luglio 1991, n. 197) punisce anche il soggetto che, già titolare
del rapporto sottostante, ormai terminato, fa uso della carta di
credito non più valida. Ciò in quanto il reato è configurabile nei
confronti del soggetto, apparente titolare della carta di credito, ma
che non ha più il diritto di servirsene perché il rapporto contrattuale
è ormai estinto o sospeso”80.
Dal momento che oggetto materiale del reato è la carta di credito, è evidente che in primis la norma faccia riferimento all’utilizzo tradizionale, fisico, della stessa: vi è però da chiedersi se essa si estenda all’utilizzo della carta in Rete.
Secondo Azzali81, l’estensione è possibile in forza del bene
giuridico protetto dalla norma, individuabile nell’interesse
economico-patrimoniale dell’utente, o esercente o emittente, il quale è
scevro dal contesto di utilizzo della carta di credito.
Anche secondo Malagò e Mignone82 l’estensione è ammissibile in forza della “ratio” della norma che intende colpire ogni condotta che abusi della funzionalità della carta. Parte della dottrina, tuttavia, si oppone a quella che ritiene un’estensione analogica, vietata - come noto - nel diritto penale: in particolare, “nella fattispecie delineata dalla prima parte dell’art.12, il dato letterale si riferisce esclusivamente alla carta come <<documento>> e non a quel dato immateriale rappresentato dal numero della carta stessa”83.
Certo è che se il precetto normativo si limita a punire le condotte
fraudolente nel mondo fisico, ciò potrebbe determinare un grave “vuoto”
legislativo in ordine agli utilizzi telematici delle carte di credito.
La seconda parte dell’art 12 della L.197/91 punisce le due condotte di
“falsificazione” e “alterazione” della carta di credito.
In particolare, secondo Pecorella84, per “falsificazione” si deve
intendere la creazione di una carta di credito falsa; mentre col
termine “alterazione” quella condotta atta a modificare una carta
pre-esistente, genuina, attraverso una modificazione additiva o
sottrattiva o sostitutiva di qualche elemento apposto originariamente
sul documento.
Come osservano Malagò e Mignone, “l’assenza
dell’inciso <<non essendone
titolare>>, presente nella prima parte dell’art.12, vale a
configurare questo reato anche quando la condotta sia posta in essere
dal legittimo titolare della carta. A delimitare l’ambito della tutela
penale, è, in questo caso, la previsione del dolo specifico che
postula, in capo all’autore della falsificazione la presenza di un
<<fine di trarne profitto per sé o per
altri>>.”85.
Anche per questa fattispecie criminosa si fa riferimento all’oggetto materiale del reato come qualcosa di fisico, poiché la condotta incriminata riguarda l’alterazione fisica della carta. Tuttavia, come prima spiegato, mediante il “carding” matematico è possibile generare numeri di carta di credito validi e perciò accettabili in Rete, senza per questo operare delle falsificazioni/alterazioni fisiche sul supporto materiale della carta. Anche qui, dunque, si pongono problemi interpretativi circa l’applicabilità del precetto penale alla condotta del “carding” matematico.
La risposta deve essere certamente negativa86, dal momento che il “carding” matematico esclude del tutto il rapporto fisico con l’oggetto materiale del reato che è necessario per compiere l’atto dell’alterazione o della falsificazione del supporto.
E’ perciò evidente l’impossibilità di estendere l’applicazione del precetto in esame al caso del “carding” matematico.
La seconda parte dell’art 12 della L.197/91 contempla altresì il reato
di ricettazione che può aversi nelle tre forme del possesso, della
cessione e dell’acquisizione della carta di credito.
In ordine alla condotta di possesso, l’intento del legislatore è stato
quello di “anticipare la soglia di punibilità ad un momento anteriore e
prodromico rispetto all’utilizzazione della carta quale strumento di
pagamento. La stessa “ratio” sta alla base dell’incriminazione delle
condotte di acquisizione e cessione”87.
In giurisprudenza è vivo il dibattito sul rapporto intercorrente fra la fattispecie testé esaminata e il reato di ricettazione ex art. 648 c.p., il quale dispone: “Fuori dai casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, è punti con la reclusione da due a otto anni […]”.
In particolare, la Suprema Corte ha individuato fra le due norme un
rapporto di specialità reciproca o bilaterale88, poiché “più che
elementi sovrapponibili, [le norme] contengono elementi comuni,
elementi specializzanti ed elementi generici, per cui tra le stesse
deve rinvenirsi un rapporto di specialità reciproco, in quanto la
comparazione tra le due norme dimostra che nessuna delle due può
ritenersi generale o speciale rispetto all’altra, ma entrambe sono,
allo stesso tempo, generali o speciali”89.
In altre parole: la fattispecie di ricettazione presenterebbe, quale
elemento specializzante, l’elemento strutturale della provenienza da
delitto del denaro o della diversa cosa che ne costituisce oggetto
materiale. Nella fattispecie dell’art.12 l’elemento di specialità
sarebbe rappresentato dall’oggetto materiale, ossia dalle carte di
credito o di pagamento o da qualsiasi altro documento che abiliti al
prelievo.
Ciò ha indotto Malagò e Mignone a ritenere che sia “applicabile
l’art.648 c.p. nel caso in cui la ricettazione di carte di credito si
basi su delitti-presupposto come l’accesso abusivo a sistema
informatico (art. 615 ter c.p.), l’intercettazione di comunicazioni
informatiche o telematiche (art. 617 quater c.p.) e la frode
informatica (art. 640 c.p.)”90.
77Corrias Lucente G., “I reati in materia di carte di credito nella
legge 5 luglio 1991 n. 197”, Diritto dell’Informazione e
dell’Informatica, n.3, 1991, p. 755 e ss.
78ibidem
79Malagò T., Mignone M., op. cit.,
80(Cass.pen. Sez.V, 6 Febbraio 1998, commentata in Pica G.,Diritto penale e processo, n.11 1998, pp.1417-1421):
81Azzali G., “Diritto pe4nale dell’offesa e del riciclaggio”, Rivista italiana di diritto processuale penale, 1993,
82Malago’ T., Mignone M., op.cit.,
83ibidem
84Pecorella C., “Il nuovo diritto penale delle <<carte di
pagamento>>”, Rivista italiana di diritto processuale penale,
1993, p.235 e ss.
85Malago’ T., Mignone M. op.cit., p.92. Inoltre cfr Corrias Lucente, op.cit., 764
86ibidem
87lut.op.cit.,
88Malagò-Mignone, op.cit.,
89Cass. Pen. 4844/2001 Per una ricostruzione dei diversi orientamenti della Corte, si veda ancora Suraci L., op.cit.
90Malagò-Mignone, op.cit.,