Le meta-pratiche: comunicazione e medium tecnologico
Nell’introduzione sono stati definiti due livelli di pratiche, o meglio due idealtipi: le pratiche relative al tema del forum, la fobia sociale, e le pratiche che si creano nella comunità in relazione all’uso del medium comunicativo stesso, in questo caso la comunicazione mediata da computer nelle forme di forum, chat e e-mail.
Finora la trattazione è stata dedicata al primo tipo di pratiche, divise in sociali, empatiche, cognitive e di azione di auto-aiuto, mentre ora ci si occuperà di analizzare il secondo tipo, cioè le pratiche che si sono sviluppate in relazione alla tecnologia comunicativa usata.
Ho definito queste pratiche come meta-pratiche in quanto sono pratiche che vengono usate per veicolare e per porre in-uso le pratiche di cui si è parlato finora.
Come vedremo la tecnologia non è così “data” e “scontata” come può sembrare, ma può essere in un certo senso modellata, o usata diversamente da come era stata progettata, al fine di rispondere alle esigenze comunicative della comunità.
Prima di
tutto è utile capire come la comunità percepisce il medium comunicativo
e come lo utilizza. A questo proposito sono state sottoposte ai membri,
all’interno del forum, alcune domande in questo senso:
Dalle
risposte e dall’osservazione diretta della comunità, si evince che i
membri possono essere distinti in due gruppi riguardo al fatto di usare
di meno o di più internet dopo essere entrati nella comunità.
Il primo gruppo è formato da chi era già un assiduo utilizzatore di internet prima della scoperta di AFS, poiché frequentava già altri forum, newsgroup, chat, non necessariamente a carattere psicologico. Probabilmente per questo gruppo, più che di aumento dell’uso di internet si potrebbe parlare di cambiamento nel tipo di siti visitati. Molti, infatti, prima di incontrare AFS non erano a conoscenza del fatto che internet potesse offrire forum, siti e chat di questo tipo e, quindi, non li visitavano. Una volta venuti a conoscenza di questo “mondo”, che li avrebbe potuti aiutare nel loro disagio, probabilmente siti di questo tipo sono comparsi sul loro menù dei “preferiti”.
Il
secondo gruppo, al contrario, ha molto probabilmente cominciato ad
usare in maniera costante ed intensa internet proprio a seguito del
fatto di aver scoperto siti come AFS o altri di sostegno per disagi
psicologici.
La differenza tra i due tipi di utilizzatori si nota soprattutto quando nel forum o nella chat succede un imprevisto di tipo tecnico: i primi suggeriscono agli altri come risolverlo, magari guidandoli passo passo, mentre i secondi sono spesso quelli che chiedono aiuto, magari su come si chatta in privato con un altro utente o per come fare ad inserire il proprio avatar.
Va specificato
che, a parte qualche rara accezione, nessun membro della comunità è un
esperto di informatica e si suppone che la loro capacità di usare un
forum o una chat sia da attribuirsi per di più alla pratica. Sono
infatti frequenti i casi di membri di AFS che praticano un uso
parziale o “distorto” della tecnologia che hanno a disposizione,
ricalcando i fenomeni di misuse o partial use tipici dell’utilizzo di
molti software.
Gli strumenti informatici spesso risultano
concettualmente e tecnicamente difficili, forniti di troppe
potenzialità rispetto all’uso che se ne deve fare e, anche se la
difficoltà degli strumenti tende a diminuire e la completezza del loro
uso ad aumentare, talvolta essi sono usati in modo incompleto (partial
use) e sono frequenti modi deviati di impiegarli (misuse).
Significativo è l’esempio di un membro di AFS che, pur partecipando ad almeno altri due forum e chat, sempre ad argomento psicologico, e dimostrando di avere numerosi legami di amicizia abbastanza intensi creati via internet, non era in grado di usare gli smileys nei suoi messaggi e non aveva capito che c’era la possibilità di vedere gli utenti connessi in un determinato momento. Inoltre tale utente si esprime in ogni post sempre con espressioni del tipo “ti leggo”, oppure “sono felice di leggerti di nuovo”, quando tutti gli altri usano le espressioni “ti sento”, “ti vedo in chat”, “dimmi qualcosa”, tutti modi di dire che non pongono l’attenzione sul fatto che la comunicazione stia avvenendo in modalità scritta, dimostrando di non percepire più di tanto la differenza con una comunicazione FtF.
Il motivo per cui questo membro si pone così differentemente verso il medium comunicativo è, probabilmente, da rintracciarsi nel fatto che egli sia sulla cinquantina d’anni e che usi internet solo per collegarsi a siti di sostegno psicologico: di conseguenza, scoprendo internet abbastanza tardi nella sua vita, e non riuscendo a percepirlo come un mezzo comunicativo “normale” o scontato, egli continua a percepirlo come un modo più interattivo ed efficace di scriversi una lettera.
Da
notare è anche il fatto che sia questo membro, ma anche gli altri
membri più o meno della stessa età, tendono a non usare la logica
tipica dei forum e a non capire a cosa serva un thread. Spesso,
infatti, vanno off-topic e tendono ad aprire molti thread non con
discussioni su argomenti nuovi, ma intitolandoli con il nome del
destinatario, quasi ad usare il forum come un servizio postale di
messaggi personali.
Se questi fenomeni sono indice di scarsa
dimestichezza con il medium comunicativo, essi possono essere anche una
risorsa, nel senso che possono aprire il medium a nuovi utilizzi ed
interpretazioni, le quali possono rispondere meglio alle esigenze
dell’utente. In parte questo è avvenuto, come abbiamo visto, per la
creazione del forum di auto-aiuto, il quale in un certo senso usciva
dalle regole della logica della comunicazione tipica del forum.
Un’altra domanda posta alla comunità è stata la seguente:
Come
già si era fatto notare in precedenza, i membri della comunità vedono
la comunicazione via internet portatrice di numerosi vantaggi rispetto
alla loro condizione di socialfobici. Viene spesso citata la libertà di
essere se stessi, in quanto viene meno la sensazione di essere sotto lo
sguardo e il giudizio altrui, ma anche la possibilità di controllare le
proprie reazioni e atteggiamenti e di essere più sciolti. Ma
soprattutto l’opportunità di conoscere altre persone nella stessa
condizione, opportunità che spesso chi soffre di fobia sociale si nega,
in quanto generalmente sfugge ogni contatto sociale.
Nelle
risposte vengono citati anche degli svantaggi, che possono essere quasi
tutti ricondotti alla mancanza dell’interazione diretta, la quale
porterebbe a fraintendimenti e all’impossibilità di vivere anche il
contatto fisico e visivo con l’altro.
In questo caso si può
però affermare che la colpa di questa incompletezza dei rapporti non
sia da implicare principalmente ad una povertà comunicativa intrinseca
al medium, come volevano i sostenitori dell’approccio RSC, ma
all’impedimento al contatto sociale tipico della fobia sociale.
Anche
sul fatto di interagire asincronicamente, i membri sembrano dividersi
in due gruppi: alcuni sostengono che l’asincronicità della
comunicazione non influenza per niente i loro rapporti, qualcuno
addirittura dice di frequentare troppo spesso forum e chat per parlare
di asincronicità. Altri, invece, sostengono che ormai è diventata
un’abitudine e che, dato che i rapporti sono nati già in questa
modalità, non di percepisce la differenza, ma ammettono che
l’asincronicità pone “una certa distanza, infatti da qui la voglia di
superare il mezzo e passare ad incontri diretti. Ma se si deve solo
discutere di qualcosa…in modo ideologico. Allora come situazione è
perfetta”. Alcuni ne colgono i lati positivi, sostenendo che si dispone
di maggior tempo per leggere e riflettere meglio su cosa scrivere, ma
anche quelli negativi, in quanto “richiede tempi di conoscenza più
lunghi e a volte è un po’ dispersivo e causa piccoli fraintendimenti”.
“Asincronicità
vs sincronicità” non sembra, però, essere per i membri di AFS un
criterio discriminante per la qualità della comunicazione, in quanto la
maggioranza ritiene le modalità asincrone come il forum e l’e-mail
siano semplicemente diverse e utili per altri scopi rispetto a quelle
sincrone come la chat.
Si rileva però che, all’interno
della comunità, c’è una netta preferenza per il forum e la chat, in
quanto sono i mezzi attraverso il quale è possibile creare la comunità,
mentre l’e-mail viene visto come meno utile al gruppo e orientato solo
ai rapporti a due:
Le risposte mostrano come ci sia accordo tra i membri sul fatto che le varie modalità comunicative possibili siano più o meno adatte a seconda dello scopo della comunicazione e a seconda del fatto che essa sia orientata verso il contenuto piuttosto che verso la socializzazione, oppure abbia lo scopo di creare un legame di gruppo piuttosto che a due. Tale accordo è indice dell’esistenza, anche in questo caso, di una rappresentazione comune a tutti i membri di AFS riguardante il proprio modo di comunicare e, quindi, una stessa pratica nel farlo.
Questo
è proprio quello che si riscontra nell’osservazione della comunicazione
all’interno della comunità: entro breve tempo i newbies dimostrano di
aver appreso queste pratiche e di usare la modalità giusta per il
momento e lo scopo giusto. Quando vogliono privilegiare la dimensione
del gruppo e vogliono scambiare sapere e conoscenza, usano il forum,
quando vogliono conoscersi meglio la chat e quando ricercano un
rapporto personale, l’e-mail.
Questa logica, che è comune a
tutte le comunità online, è scontata per tutti quelli che hanno già
dimestichezza con questa realtà, mentre per chi non possiede queste
competenze, e nelle comunità di Auto-Mutuo Aiuto ciò capita spesso,
questa pratica deve essere acquisita nel tempo.
Prova di questo
processo di apprendimento è il fatto che abbastanza frequentemente nel
forum si trovano post di risposta a e-mail private, poiché chi risponde
dice di ritenere che l’argomento possa essere di interesse generale.
Oltre
a forum, chat, e-mail e newsgroup, internet offre alle comunità online
altre possibilità di interazione come i MUD (Multi Users Domains),
ambienti virtuali di interazione.
Incuriosita da tale
possibilità per una comunità di socialfobici, e visto che molti di loro
esprimevano il bisogno di aumentare il grado di interazione nella
comunità, ho chiesto ai membri della comunità se ne fossero a
conoscenza, ma l’unica risposta pervenuta è stata la seguente:
Ciò dimostra che forse l’universo dei MUD è ancora un mondo confinato e frequentato da appassionati, con una certa competenza informatica (soprattutto per i MOO). Questa modalità di interazione non sembra ancora essere diffusa tra le comunità di non-esperti come quelle di Auto-Mutuo Aiuto.
Internet, oltre ad offrire diverse modalità di
comunicazione, offre la possibilità di comunicare anche graficamente.
La grafica del forum può facilitare o meno la comunicazione, ma può
anche integrarla. Come in molti altri forum anche in AFS, c’è la
possibilità di affiancare al proprio nickname anche un avatar, cioè una
piccola immagine che ha la funzione di rappresentare l’utente e che,
come il nickname, dice molto sull’utente stesso.
Gli
avatar dei membri AFS spesso riflettono il nickname a cui sono
associati, altre volte sono scelti tra quelli che offre l’host, e quasi
tutti non rimandano alla fobia sociale o alla timidezza, mostrando come
l’uso di avatar sia un’espressione della propria personalità,
piuttosto che del gruppo.
Un discorso diverso vale, invece, per la
firma personale, cioè il modo in cui i membri firmano ogni loro post.
Le firme molto raramente riportano il nome o il nickname dell’utente,
mentre più spesso consistono in una frase o in un’immagine. Queste
frasi il più delle volte hanno a che fare con la fobia sociale e con il
disagio che essa provoca. Eccone alcuni esempi:
"Lentamente muore
chi preferisce i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni
(positive o negative), proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso"
“Without passion we'd be truly dead.”
“don't get sentimental...it always ends up drivel”
“Meglio essersi lasciati che non essersi mai incontrati...”
L’uso
degli smileys o emoticon, le faccette ottenute usando alcuni caratteri
grafici come :-) :-( ;-), è diffusissimo come in tutta la rete. In un
forum in cui si parla prevalentemente di emozioni e sentimenti, il
poter in qualche modo integrare il linguaggio scritto anche con lo
stato emotivo di chi scrive è importantissimo per rendere la
comunicazione più efficace. L’uso degli emoticon è una di quelle
strategie comunicative che gli utilizzatori della CMC hanno creato per
sopperire alla mancanza del contatto diretto, della mimica, del
linguaggio gestuale (Paccagnella, 2000).
In AFS se ne fa un largo
uso, per alcuni membri anche eccessivo, soprattutto perché l’host mette
a disposizione una larga gamma di emoticon già pronti, che esprimono le
emozioni più svariate e che sono graficamente migliori di quelli
ottenuti con l’accostamento dei segni grafici:
Quasi tutti i membri concordano che l’uso delle faccine sia positivo e faciliti la comunicazione, a patto di non esagerare.
Per
quanto riguarda la grafica del forum, che è molto essenziale e lineare,
i più sembrano apprezzarla proprio perché, a differenza di altri forum,
non appesantisce il caricamento delle pagine, non occupa banda ed è di
facile lettura.
Alcuni, invece si lamentano, della sua
aridità e vorrebbero qualcosa di meno minimalista. La tendenza generale
è comunque quella di non dare molta importanza alla grafica del forum,
ma di interessarsi di più ai contenuti dei messaggi. La grafica deve,
cioè, essere funzionale alla facile lettura, scrittura e consultazione
dei post.
Anche se il forum ha cambiato nel tempo tre host, la sua struttura grafica è rimasta pressoché la stessa, forse proprio con l’intenzione di non disorientare i membri ed evitare disaffezioni.
Se il forum AFS, per la sua struttura grafica, per come sono organizzati e gestiti i thread e per l’uso degli smileys, non si differenzia dagli altri forum della rete, il linguaggio che la comunità ha sviluppato è un linguaggio tipico e specifico.
L’argomento del forum, infatti, tende a far usare ai membri un linguaggio molto dettagliato che riguarda nomi di terapie, di farmaci, di effetti collaterali, di sintomi, etc. Insomma un lessico molto simile a quello che potrebbe usare uno psicologo o uno psichiatra.
Ma a parte questa
peculiarità, il linguaggio della comunità risente anche del fatto di
usare la CMC: anche qui come in tutta la rete sono frequenti le
abbreviazioni come “cmq” per comunque, “nn” per “non”. Ma le
abbreviazioni più interessanti sono quelle delle parole specifiche del
forum, come“fs” per “fobia sociale” e “psi” per “psicologo”. Questi due
termini sono così ricorrenti in ogni post che ormai non vengono più
scritti per intero, ma è nata la convenzione di scriverli in maniera
abbreviata. Da notare il fatto che chi non appartiene al forum, non
intuisce immediatamente il significato di queste abbreviazioni: per
esempio l’abbreviazione “fs” per chiunque viva in Italia vuol dire
“Ferrovie dello Stato”, mentre per un membro di AFS essa rimanda subito
all’espressione “fobia sociale”.
Va aggiunto che spesso gli acronimi e le abbreviazioni che si usano nel forum derivano da parole inglesi, dato che i siti e i forum sulla fobia sociale in italiano sono pochissimi, mentre quelli americani sono molti e molto più ricchi di informazioni. Ciò spinge molti socialfobici a rivolgersi a siti stranieri e, di conseguenza, ad imparare e ad usare certi termini in inglese: alcune volte si trova infatti l’abbreviazione “sf” o “sp” , che sta per “social phobia”, o l’abbreviazione “CBT”, che sta per “Cognitive Behavioural Therapy”.
Come ultima meta-pratica in
relazione al medium tecnologico analizzeremo quella relativa
all’anonimato. Come i membri di AFS vivono l’anonimato che la
comunicazione mediata dal computer presuppone?
Il
quadro che scaturisce da queste risposte è abbastanza unitario.
L’anonimato è percepito dai membri da AFS come un elemento positivo in
quanto permette loro di essere al sicuro dal giudizio degli altri. Da
un lato serve per non far sapere ai conoscenti della vita offline che
soffrono di fobia sociale la quale, come molti disturbi psicologici,
può essere fonte di pregiudizio; dall’altro li “tutela” anche da chi
incontrano online, in quanto l’essere identificabili e “controllabili”
è per loro un’ulteriore causa d’ansia e disagio.
Non si tratta di volersi nascondere, ma piuttosto di avere la possibilità di svelarsi poco a poco, e di controllare quanto e come far sapere di sé agli altri. Tale opportunità è giudicata molto positivamente da chi soffre di fobia sociale in quanto fornisce una sensazione di sicurezza e comfort nella comunicazione.
Che non si tratti di una fuga dalla realtà lo dimostra il fatto che spesso i dati personali vengono comunicati a quelli con i quali si ha un rapporto più stretto, e che magari si vorrebbe conoscere, ma anche come prova di fiducia e apertura verso l’altro. Se ti dico chi sono, come mi chiamo, dove vivo, cosa faccio nella vita, vuol dire che mi fido, e che soprattutto non mi sento minacciato da te, ma mi trovo bene e voglio aprirmi. Comunicare i propri dati personali, in una comunità come AFS, è un segno di amicizia e disponibilità.
Il nickname stesso, inoltre, è una fonte
importante di informazioni sulla persona che lo porta. Spesso esprime
un interesse (musicale, artistico, disciplinare etc.) o una
caratteristica del carattere. Il nickname ci dice come chi lo porta
vuole essere visto o quale parte della sua personalità vuole mostrare
al primo impatto.
Questo spiega perché molti cambino il nickname a seconda dell’area di ciberspazio che frequentano.
Nel caso dei membri di AFS molti mantengono sempre lo stesso nick in tutta la rete, forse perché non ritengono particolarmente spiacevole il fatto che al loro nick venga attribuita anche la caratteristica di essere socialfobici. O forse perché difficilmente chi non bazzica per forum o siti a carattere psicologico potrebbe riconoscerli, e non ci sarebbe motivo di nascondersi a chi soffre degli stessi o simili disagi. O forse perché potrebbe essere una forma particolare di coming-out.
Altri preferiscono cambiare nickname quando non sono in zone in cui sono conosciuti come socialfobici, per non dover sentirsi sempre addosso questo peso e per avere la possibilità di sentirsi “normali”.
Per quanto riguarda la corrispondenza tra vita online e offline sembra essere confermato quello che sostiene Nancy Baym: “Quando ci si collega alla rete, le comunità preesistenti in cui vivono gli attori non scompaiono, ma al contrario forniscono la comprensione sociale e le pratiche mediante le quali, e rispetto alle quali, si sviluppano le interazioni anche nel nuovo contesto mediato dal computer. Le interazioni condotte online, a loro volta, retroagiscono sulle relazioni offline” (Baym, 2002: 55).
I membri di AFS sembrano non crearsi online un’identità fasulla o diversa da quella reale, anche perché ciò andrebbe contro ciò che li ha spinti a formare una comunità, cioè la voglia di conoscere altri socialfobici, di riflettere insieme sul proprio disagio, di trovare e dare sostegno e comprensione, e di provare a cercare insieme delle vie d’uscita.
Anzi, come
riportato da alcune risposte, i membri cercano di riportare offline i
progressi fatti interagendo online nella comunità.
Le differenze che si riscontrano tra la vita online e offline dei membri sono quelle già evidenziate in precedenza: i membri tendono ad essere più consapevoli, riflessivi e a mostrarsi più competenti online, in quanto nella comunità AFS trovano un luogo in cui possono parlare di fobia sociale, un argomento di cui sono profondamente interessati, e magari molto competenti, e che interessa chi li sta ad ascoltare. Inoltre la comunicazione mediata da computer permette loro di essere più sciolti, di controllarsi e prepararsi meglio.
Questo fa sì che online i membri si sentano più sicuri di sé, maggiormente assertivi, di quanto lo siano offline, dove la fobia sociale si fa sentire maggiormente. Parafrasando un membro AFS: “via internet la fs non c'è!”.
Anche se la CMC offre ai membri di AFS una modalità comunicativa adatta alle loro esigenze, essi non si fermano a questo e spesso qualcuno cerca di far diventare il gruppo di auto-aiuto on-line anche un’esperienza off-line: nel forum ci sono state alcune proposte per creare dei gruppi di auto-aiuto a base territoriale, simili a quelli della LIDAP.
Fino a questo momento queste
proposte sono rimaste tali e non sembra che la comunità sia pronta per
fare questo passo ulteriore.
Frequente è anche l’uso del telefono
che, a parte la cell-terapia di cui abbiamo già trattato, viene
utilizzato anche per conoscersi meglio e per sentire finalmente la voce
dell’amico conosciuto online.
Sembra che l’uso del telefono
svolga una funzione simile a quella della chat privata a due, cioè sia
un modo per conoscersi più profondamente, magari parlando di argomenti
diversi dalla fobia sociale. Ma se la chat privata è usata spesso anche
tra chi si conosce poco, magari per approfondire un interesse comune
scoperto in chat o per parlare a due più facilmente, il telefonarsi, e
lo scambio dei numeri, avviene prevalentemente tra chi si conosce già
abbastanza e ha voglia di fare un passo in più.
Passo che spesso non è così semplice per chi soffre di fobia sociale, dato che per telefono l’imbarazzo e i silenzi “troppo lunghi” si sentono, a differenza della CMC.
Un passo ancora più arduo è l’incontro
face-to-face, anche se fin dalla nascita del forum vengono proposti
frequentemente incontri tra i membri.
Alcuni sono incontri aperti
a tutti quelli che vogliono partecipare e vengono organizzati tramite
il forum, raccogliendo le adesioni e decidendo insieme la data e la
località. I particolari e il punto esatto d’incontro vengono discussi,
invece, in maniera privata via e-mail, per telefono o via sms. Il tempo
di organizzazione di questi incontri è abbastanza lungo, dato che è
necessario mettere d’accordo tutti su data e luogo e anche perché,
spesso, ci sono numerosi ripensamenti in quanto la fobia sociale è il
primo ostacolo da abbattere. Molti raduni sono infatti finiti in un
nulla di fatto, mentre sembra che gli incontri più ristretti di due o
tre persone, magari tra chi abita nella stessa città o zona, siano più
facili da organizzare e abbiano più successo. Ciò è probabilmente
dovuto al fatto che l’incontro con una o due persone mette meno ansia
di quello con l’intero gruppo.
Concludendo questa sezione dedicata
alle meta-pratiche inerenti alla comunicazione e all’uso della
tecnologia all’interno della comunità, si può affermare che AFS,
essendo una comunità online in cui agire significa comunicare, e pur
dovendo combattere contro l’ostacolo della fobia sociale, è una
comunità che tende in ogni modo ad ampliare la propria comunicazione e
a modificare, per quanto possibile, il medium comunicativo che utilizza
in modo da renderlo più adatto alle proprie esigenze.
Tale adattamento si inserisce, come già detto precedentemente, in quello che potremmo definire il continuo processo di costituzione/evoluzione della comunità.
Il processo di creazione dell’identità condivisa e del senso d’appartenenza della comunità sono allo stesso tempo la base per lo sviluppo delle pratiche sopra analizzate, ma anche il risultato di tali pratiche. Questa influenza a doppio senso ricalca lo schema proposto da Mantovani (1995)44, in cui il contesto simbolico (la cultura) generale influenza il contesto e l’azione locale (lo specifico, il quotidiano, il situato), ma allo stesso tempo ne è pian piano tras-formato.
Applicando questo concetto al caso della
comunità AFS, vediamo come sia il processo di “praticare le pratiche” a
confermare, da un lato, l’identità e la cultura della comunità e,
dall’altro, a sottoporle ad un lento ma continuo mutamento.
In una comunità online, inoltre, il praticare le pratiche viene veicolato interamente dall’artefatto tecnologico “in-uso”, non solo sotto forma del medium tecnologico di comunicazione e dei software che creano l’interfaccia per tale comunicazione, ma soprattutto attraverso le pratiche specifiche che, come abbiamo visto, vengono sviluppate all’interno della comunità per usare tale tecnologia.
Lo schema seguente illustra il ruolo della tecnologia all’interno dei processi sociali della comunità AFS, le reciproche influenze tra cultura ed identità condivisa, il processo di praticare le pratiche e, all’interno di tale processo, le relazioni esistenti tra i diversi tipi di pratiche individuati nella comunità AFS.
Figura 3. Schema dei tipi di pratiche della comunità AFS e delle loro relazioni.
I
contorni dello schema sono volutamente sfumati ad indicare il fatto che
la categorizzazione proposta non esiste in quanto tale, o meglio non in
maniera così definita, nella realtà della comunità AFS. Le pratiche
in-uso e la creazione dell’identità e della cultura AFS sono due
processi indistricabilmente legati e reciprocamente influenti,
praticamente indistinguibili nella realtà.
Anche le diverse tipologie di pratiche spesso, anzi sempre, vengono usate in contemporanea e in maniera tacita, non consapevole. Nessun membro AFS usa esplicitamente ed è consapevole di tale categorizzazione, anzi, qualcuno potrebbe addirittura non condividerla.
Tale schema, quindi, deve essere inteso come una forzatura del continuo scorrere delle pratiche e della cultura in-uso, atto a facilitare la comprensione del lettore e anche di chi scrive.
Come si può
vedere, lo schema è diviso in due parti: a destra le pratiche che
potremmo definire “tradizionali”, cioè tipiche di tutte le comunità
sociali, non importa se online o offline; a sinistra le pratiche
inerenti alla tecnologia, le quali sono tipiche di una comunità online
in quanto, come più volte sostenuto in questa trattazione, in rete
agire è comunicare e comunicare è agire.
Le pratiche “tradizionali” sono quelle relative alla regolazione sociale e alla vita della comunità come comunità sulla fobia sociale: comprendono sia pratiche sociali generali, come la netiquette, ma anche pratiche più specifiche per una comunità AMA, come quelle che abbiamo definito “empatiche” e dalle quali derivano le pratiche di auto-aiuto vere e proprie, sviluppate anche tramite l’uso della tecnologia in questione.
In
tutte le comunità, le pratiche, e la cultura condivisa di cui fanno
parte, si formano grazie alla creazione e all’uso di schemi cognitivi,
simboli e significati condivisi. Nel caso della comunità online AFS
però, tale condivisione, e tutti i processi sociali che avvengono
all’interno della comunità stessa, sono mediati dalla tecnologia e,
soprattutto, dal modo in cui essa è usata, interpretata, rappresentata,
in altre parole da ciò che noi abbiamo chiamato “meta-pratiche
tecnologiche”.
Secondo tale schema, i processi sociali all’interno della comunità sono influenzati dal fatto che, per esistere in una comunità online, debbano essere mediati dalla tecnologia la quale, di conseguenza, agisce sulla forma e sul significato che essi assumono: il fatto di essere online ha fatto in modo che i membri AFS sviluppassero delle pratiche di sostegno emotivo e di auto-aiuto specifiche per tale contesto.
Contemporaneamente, però, anche il significato, la forma e l’uso stesso della tecnologia sono stati influenzati dall’essere impiegati in una comunità online come AFS: i membri della comunità hanno creato delle pratiche d’uso della tecnologia ad hoc, in un certo senso piegandola e dandogli la forma che meglio rispondeva alle esigenze della loro comunità.
Tale
influenza reciproca dimostra non solo che la tecnologia è un prodotto
sociale nel senso che la sua progettazione e la sua costruzione sono
frutto sia di processi scientifici e tecnologici, ma anche di processi
sociali, come sostiene da tempo la corrente di studi detta “Social
Construction of Technology”45, ma anche che l’uso stesso della
tecnologia e la sua forma non sono completamente definiti una volta per
tutte dopo che essa è stata prodotta: il significato, l’interpretazione
e la forma della tecnologia sono in continuo mutamento proprio perché
essa è in-uso all’interno di un contesto sociale.
Capire se
esistano o meno confini tra il contesto sociale e quello tecnologico
non è uno scopo di questa trattazione, anche se chi scrive è convinta,
facendo propri i principi dell’Actor Network Theory46, che il confine
tra queste sfere sia solo una questione di punti di vista.
44 Vedi il paragrafo 3.4.
45 Tale filone prende il via da una crisi paradigmatica profonda interna alla filosofia della scienza, e comincia a delinearsi come un ponte tra sociologia e discipline “hard”, fino ad allora concepite come due universi estranei ed incompatibili. Da questi primi tentativi nasceranno due correnti distinte: la costruzione sociale della tecnologia (Social Construction Of Technology, SCOT), la quale si occupa di come sorga una certa forma tecnologica e come essa venga plasmata da vari gruppi sociali, e la
teoria dell’attore reticolare (Actor-Network Theory, ANT), la quale in maniera molto più estrema, afferma che il processo di costruzione sociale e quello tecnico-scientifico siano due diverse dimensioni dello stesso processo, nella quale anche attori non-umani (come artefatti materiali o discorsivi) sono in grado di agire e di influenzare il processo, così come quelli umani.
46 Cfr. nota n°3