Essere una comunità online: senso d’appartenenza e identità condivisa
Per farsi un’idea di quali pratiche si siano create nella comunità AFS e di come esse vengano mantenute e trasmesse all’interno di essa, è bene chiedersi quali siano le competenze che distinguono un membro di tale comunità. Per esempio, quali sono i significati, la rappresentazione della fobia sociale e della comunità stessa che un membro di AFS ha fatto propri, e che lo fanno sentire parte della comunità poiché li riconosce anche negli altri membri? Se, infatti, è presente nei membri questo senso di identità ed appartenenza, allora molto probabilmente siamo in presenza di una comunità che, pur non condividendo uno spazio fisico, ne condivide uno mentale (o digitale) e i cui membri sono così coinvolti da immaginarsela ed assumerla come simbolo della loro unione (Anderson, 1983).
A questo proposito, gli stessi partecipanti al forum rispondono come segue alla domanda:
Di
quest’ultima risposta è interessante notare che per il rispondente la
differenza tra un semplice luogo in cui chiedere informazioni e una
comunità, sta proprio nel partecipare attivamente: ciò significa che,
per creare una comunità, le interazioni devono essere frequenti e
stabili, abbastanza profonde e soprattutto attive, nel senso che
bisogna contribuire alla comunità, non solo prendere le informazioni
richieste ed andarsene.
Come si dice nella prima risposta, è lo scambio relazionale, l’interazione sociale non solo di tipo informativo, che crea la comunità e che permette che si crei il continuo scambio di significati e senso, che pian piano crea una visione e una cultura condivise. Senza un’interazione ricca di contenuti sociali e di aspettative di future relazioni, tutto ciò non può avvenire.
C’è stata un’unica risposta negativa alla domanda:
“Personalmente no! È un po' dispersiva per poter definirsi una comunità.”
Risposta
che però sembra confermare quanto detto in precedenza. Il senso di
dispersione percepito dal rispondente, che non gli permette di definire
ciò a cui sta partecipando come una “comunità”, sta proprio ad indicare
che, probabilmente, chi risponde non ha ancora fatto proprio quel
bagaglio di significati e rappresentazioni comuni che caratterizzano
quella comunità. Quello che a lui pare dispersivo ha, invece, un suo
ordine preciso e si muove secondo “rituali” tipici della cultura di
AFS. Non è un caso che quelli che hanno risposto positivamente alla
domanda fossero quasi tutti “veterani” della comunità, cioè persone che
frequentavano il forum da almeno qualche mese, mentre chi ha risposto
negativamente stava partecipando al forum solo da alcune settimane.
Dopo aver chiesto se si sentivano una comunità virtuale, è stato chiesto se si sentivano una comunità. Quest’ultima domanda è stata volutamente posta di seguito alla precedente per vedere se i partecipanti al forum ritenessero l’essere una comunità come qualcosa di diverso dall’essere una comunità virtuale, e se sì, in che termini. Le risposte hanno rivelato alcune “contraddizioni interessanti”. Alcuni di quelli che avevano affermato di sentirsi una comunità virtuale non si sentono, però, una comunità38:
Queste
risposte mostrano che una buona parte dei rispondenti differenzia
l’idea classica di comunità da quella di comunità virtuale, nel senso
che la comunità per antonomasia si distingue dal fatto che le
interazioni avvengono FtF e che si vivono esperienze comuni, in uno
stesso spazio fisico. Dalle risposte però emerge anche il fatto che,
anche se non si considerano una comunità “reale” continuano a
considerarsi una comunità, evidenziando come la domanda posta -“Vi
sentite una comunità?”- sia stata interpretata come – “Vi sentite una
comunità reale?”, domanda che, posta in quest’ultimi termini, poteva
influenzare le risposte, suggerendo che vi fosse una differenza di
valore tra comunità reale e virtuale.
Altri rispondenti, al
contrario, confermano il fatto che una comunità online non è meno reale
di una qualsiasi altra comunità, ma ne è solo una variante:
Quest’ultimo
intervento pone l’attenzione sul fatto che uno degli aspetti
caratterizzanti di una comunità online è quello di avere al suo interno
membri eterogenei fra di loro, forse in misura maggiore rispetto ad una
comunità intesa tradizionalmente.
L’essere in rete e il comunicare via computer permette alle persone più diverse tra loro di incontrarsi e di avere la possibilità di scoprire di avere interessi, emozioni, problemi simili. La rete in quanto tale apre dei collegamenti tra persone che probabilmente prima non avevano possibilità di conoscere l’una l’esistenza dell’altra. Questo non significa affermare che internet crei di per sé uno spazio d’interazione più democratico della normale arena sociale39, anche se è vero che esso può mettere in contatto due persone, magari di status sociale diverso, che frequentano la stessa area di ciberspazio e che, offline, forse non avrebbero mai avuto modo di incontrarsi. Se la rete non è più democratica in sé, offre però l’opportunità di incontri più eterogenei.
Questa
eterogeneità si riscontra anche in una comunità che ha già sviluppato
la propria cultura condivisa: spesso le reazioni ad un determinato
problema, le proposte di una possibile soluzione, oppure il dare
un’opinione su una questione, sono influenzati non solo
dall’appartenenza alla comunità, ma anche dall’appartenenza a
determinate “correnti di pensiero”. Queste correnti nascono molto
spesso nei forum, in quanto la forma di comunicazione tipica è proprio
quella di dare il proprio contributo e/o opinione all’argomento o alla
questione sollevata da chi ha creato il thread.
Questi sottogruppi
hanno una natura fortemente contingente, anche se può capitare che di
fronte ad argomenti simili si tenda a ricreare le stesse correnti
d’opinione.
I criteri per i quali queste correnti si creano
sono diversi fra loro: vicinanza d’età, affinità di carattere e
personalità, ma soprattutto stesse paure e sintomi dovuti alla fobia
sociale, stesso modo di affrontare tale disturbo, ad esempio stesso
tipo di terapia. Questi ultimi elementi sembrano essere i più influenti
nel creare queste correnti.
Un motivo potrebbe essere che, se elementi come la stessa età e la vicinanza di carattere già normalmente facilitano la condivisione di un’opinione, gli altri elementi, essendo più specifici del contesto dal quale è sorta la comunità e dal quale essa trova il suo motivo d’essere, sono agenti più forti ed influenti nel creare e nel far percepire queste correnti di pensiero o opinione.
Chi si trova, infatti, a far parte in un determinato momento di queste correnti d’opinione, tenderà a sentirsene parte e a difendere la posizione comune. Tanto più se sente che gli altri, che in quel momento la sostengono, sono simili a lui per caratteristiche percepite come cruciali nel definire la propria identità, in questo caso di socialfobico, rispetto alla comunità. In altre parole, in una comunità di socialfobici le caratteristiche che possono distinguere i membri tra loro, non sono tanto l’età o il gusto musicale, ma sono quelle inerenti alla fobia sociale.
E’ logico che, se si parla di correnti all’interno di una comunità e di senso d’appartenenza, non si può fare a meno di parlare di identità. Il senso di appartenenza si sviluppa infatti a seguito della percezione di un’identità di gruppo o di comunità condivisa.
Nella comunità AFS questa identità condivisa non è sempre esistita ma si è sviluppata insieme alla comunità stessa.
Non
è stato, infatti, sufficiente creare un sito e un forum per avere una
comunità. Nemmeno quando questi spazi virtuali sono stati popolati per
la prima volta, si sarebbe potuto dire di essere di fronte ad una
comunità, dato che mancava qualcosa di essenziale: l’identità e il
senso di appartenenza che i membri avrebbero dovuto sentire.
Non basta infatti dare un nome ad una comunità per far sì che essa si crei. E’ vero che nel caso di internet dare un nome corrisponde ad un atto linguistico performativo (Austin, 1987), che rende il forum o la chat esistenti nel ciberspazio, in quanto rintracciabili dai loro possibili utenti tramite una ricerca con un motore di ricerca, ma ciò non basta, come dimostrato dalle prime settimane di vita del forum AFS.
Anche se il forum era stato creato espressivamente per chi soffre di fobia sociale, nei primi tempi esso era frequentato anche da molte persone che non soffrivano di fobia sociale ma di altri disturbi psicologici, come depressione e attacchi di panico. Questo perché chi ha creato il forum e il sito frequentava altri forum e chat che trattavano di disagi psicologici in generale e, quindi, oltre ai socialfobici, anche altre persone sono venute a conoscenza del nuovo forum e hanno cominciato a parteciparvi.
All’inizio questo non sembrava creare alcun problema, ma con l’andare del tempo alcuni hanno cominciato a manifestare insofferenza per il fatto che nel forum si parlasse poco di fobia sociale e molto di altri disagi. A cosa è stato dovuto questo cambiamento di atteggiamento?
A mio avviso, ciò è stato dovuto al fatto che all’inizio i socialfobici non avevano ancora avuto modo di scoprirsi a vicenda, di capire di essere simili e quindi di cominciare a creare un’identità comune. Con l’andare del tempo questa identità si è creata, grazie allo scambio di informazioni, esperienze ed emozioni, e con essa le aspettative sul forum hanno cominciato a coincidere sempre di più. Questo ha fatto sì che i socialfobici ad un certo punto reclamassero la proprietà del loro forum e finalmente dessero senso e significato alla forma vuota del forum, che era nato in rete come atto linguistico performativo.
Alcuni, infatti, hanno cominciato a
dimostrarsi insofferenti ai post troppo lunghi, affettuosi, personali e
di scarso interesse generale, che chi si conosceva già grazie ad altri
forum si spediva: lo spazio sul forum cominciava a venir visto come un
bene scarso o comunque da impiegare per discutere di ciò per il quale
era stato adibito, cioè parlare di fobia sociale, essere un luogo
d’incontro e di scambio di informazioni per chi ne soffre.
Questo
ha segnato l’atto di nascita della comunità, i socialfobici hanno
cominciato a riconoscersi l’uno nell’altro, a capire di avere esigenze
comuni. Quando questa consapevolezza non si era ancora formata, la
comunità era ancora disorganizzata e sfaldata e non in grado di
prendere il proprio spazio: i socialfobici, non abituati ad avere uno
spazio tutto per loro, dato che il forum è uno dei pochissimi
specificamente sulla fobia sociale, ed oltretutto non inclini a
condividere subito le proprie esperienze di disagio con altri, avevano
lasciato che altri più abituati a usare i forum e con molte più cose da
dire, visto che si conoscevano già, prendessero il loro spazio.
Una volta acquisito il proprio senso di comunità, essi hanno riconquistato lo spazio perduto e fondato la propria comunità. I “non-fs” hanno cominciato ad abbandonare il forum e il forum è diventato sempre più uno strumento incentrato sulla fobia sociale.
Anche se forse la metafora guerresca della conquista suona come un “mito di fondazione” della comunità, troppo vicino al concetto di comunità nazionale o etnica, resta il fatto che la “cacciata dei non-fs” ha aiutato a creare e a definire meglio l’identità del gruppo e le proprie esigenze. E’ confrontandosi con l’altro, con il diverso, che si conosce se stessi, o, meglio, che si crea la propria immagine di sé.
L’eterogeneità
dei partecipanti può portare, quindi, al crearsi di semplici “correnti
d’opinione”, che si mantengono all’interno della comunità in quanto la
loro differenza è basata proprio su elementi che, venendo chiamati in
causa, non fanno che riaffermare l’identità e la specificità della
comunità stessa; ma può anche portare allo sfaldarsi del gruppo e alla
nascita di nuove identità comunitarie, se questi elementi non
confermano ma negano i presupposti su cui si fonda la comunità.
38 E’ da notare che la domanda in questione non era “Vi sentite una comunità reale?”, ma era “Vi sentite una comunità?”, in modo da non insinuare nei rispondenti la convinzione che le comunità virtuali non siano reali.
39 Come fecero i sostenitori della teoria RSC Reduced Social Cues. Vedi il capitolo 3, paragrafo 3.1.