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Partecipazione politica in rete

Le reti civiche

Le reti civiche rappresentano un terreno importante per valutare se veramente le nuove tecnologie possano favorire un ruolo più forte e concreto dei cittadini. Per rete civica, come già spiegato nel primo capitolo, si intende una varietà di esperienze di servizi telematici rivolti ai cittadini prevalentemente appartenenti ad una determinata comunità territoriale [1].

La rete civica è caratterizzata dall’essere un servizio in rete, promosso da amministrazioni pubbliche o semi-pubbliche, e offerto alla cittadinanza per aumentare il numero di informazioni fornite da una pluralità di soggetti, facilitare il dialogo tra utenti e amministrazioni, incrementare i servizi, la loro qualità e fruibilità, adottare iniziative che possano ridurre definitivamente le barriere economiche, sociali e culturali e, infine, promuovere, grazie alla maggiore circolazione delle informazioni, forum di discussione sugli argomenti di interesse locale (Grandi, 2001).

Possiamo individuare due tendenze principali riguardo lo sviluppo delle reti civiche: la community network e la civic net. Nella prima tipologia la rete rappresenta il luogo in cui può liberamente costituirsi una nuova sfera pubblica, all’interno della quale i diversi soggetti, siano essi cittadini o istituzioni, sono posti su un piano di parità. Ciò favorisce la nascita di flussi comunicativi provenienti dal basso e una partecipazione più diretta del cittadino al discorso politico, rendendo così possibile un ampliamento della cultura tecnologica, e non solo, considerata come un valore aggiunto. Tale tipologia mira all’instaurazione di una democrazia partecipativa, puntando la propria attenzione sul momento della responsabilità politica e sulla cooperazione tra i diversi soggetti, per raggiungere decisioni responsabili e condivise, sfruttando al massimo le potenzialità offerte dall’interattività.

Nella tipologia civic net, invece, i soggetti non vengono posti sullo stesso piano; le amministrazioni pubbliche vengono considerate l’attore principale, mentre i cittadini vengono relegati al ruolo di semplici utenti, fruitori dei servizi messi loro a disposizione sulla rete. La rete civica rappresenta il punto di accesso telematico alle informazioni e ai servizi offerti. L’innovazione viene prodotta dall’alto e i suoi risultati vengono offerti al cittadino/utente. Nonostante possano apparire come molto diverse tra di loro, tali tipologie di rete non si escludono a vicenda: alcune realtà hanno preferito investire nelle ICT per facilitare l’accesso dei servizi al cittadino (civic net), mentre altre hanno optato per un allargamento della partecipazione politica e sociale, estendendo il processo di alfabetizzazione elettronica a tutta la cittadinanza (community network) (Freschi, 2002, pp. 93-97).

A qualsiasi tipologia la rete civica appartenga, essa si caratterizza comunque per l’adozione sia di obiettivi di razionalizzazione, sia di accesso alla rete e di partecipazione al processo decisionale, inteso come progettazione di uno spazio comunitario, che propone al proprio interno alcune delle caratteristiche della sfera pubblica habermasiana. La speranza di ricreare una sfera pubblica attraverso le reti civiche, rischia di rimanere tale nel momento in cui le opportunità offerte dall’adozione di una certa tecnologia rimangono solo potenziali, se non è accompagnata e sostenuta da una precisa volontà politica di innovare i meccanismi della presa di decisione.

In linea generale le reti civiche sono una realtà molto variegata; quello che si cerca di progettare e di realizzare, per vie diverse e convergenti, è un nuovo “spazio pubblico”, legato a una dimensione locale ridefinita e ristrutturata dalle stesse tecnologie alle quali si fa ricorso.

Un’impresa, questa, che impone di riconsiderare i rapporti tra realtà amministrative finora formalmente separate, che ormai devono essere considerate come parti di una “nuova territorialità” che può trovare definizione concreta solo grazie ai nessi istituiti attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Rodotà, 2000).

Ogni città può scegliere un suo modello, ogni città può seguire un suo percorso e, presumibilmente, non è utile che un ente centrale imponga dei vincoli rigidi ai processi innovativi in atto.

Sicuramente un ente centrale, come può essere l’AIPA (Autorità per l’informatica della Pubblica Amministrazione) o come può essere anche qualche altro ente nato appositamente, può dare un supporto dal punto di vista tecnologico, diffondendo o favorendo lo sviluppo della rete nel senso della tecnologia di rete, ma soprattutto dal punto di vista della diffusione delle conoscenze.

Se in una certa città, per esempio, si realizza un servizio innovativo di cartografia intelligente, è importante avere un ente di riferimento che diffonda l’esperienza fatta agli altri comuni. Questa diffusione di saperi può aiutare tutte le città del paese a crescere in maniera sincrona e, in particolare, può aiutare le città che sono un pò più indietro, quali il Mezzogiorno e le altre aree depresse, a colmare il divario esistente. Proprio questo può essere, di fatto, il ruolo di un ente centrale. Oggi l’Italia ha delle forti differenze territoriali.

La telematica, e le reti civiche in particolare, possono essere uno strumento formidabile per colmare questo divario. Se nelle città del sud viene offerta ai cittadini l’opportunità di crearsi nuove figure professionali e di accedere all’informazione, al cosiddetto villaggio globale, attraverso la formazione e l’accesso alle ICT, ebbene questi cittadini possono trovare nuove opportunità di lavoro e integrarsi pienamente nella società che si sta creando. Se, invece, le regioni e le città più arretrate vengono lasciate a loro stesse, la tecnologia diventerà un ulteriore strumento di divisione, fenomeno che in parte già oggi sta avvenendo, praticamente ovunque.

Dove gli enti locali sono efficienti ed innovativi, la città ne trae un vantaggio, dove invece gli enti locali arrancano sommersi da mille problemi, non si riesce a tenere il passo con l’innovazione e, di conseguenza, si perdono ulteriori occasioni di lavoro e aggiornamento (Zezza, 1998, pp.2-3).



[1] Sul termine di rete civica c’è ancora una certa confusione. Il termine viene usato in maniera diversa per far riferimento sia alle reti nate come reti di comunità locali, e quindi, a quanto viene chiamato underground, sia alle reti nate come reti della città come vetrina, con cui la città si presenta al mondo, che alle reti create come servizi promossi dagli enti locali ai cittadini che rientrano invece nella dimensione overground (Zezza,1998).


Tesi di Laurea in Comunicazione Politica :
"Democrazia e nuove tecnologie: rischi di esclusione e opportunità di partecipazione"

di Sara Cirulli


- Universita' per Stranieri di Perugia -
- Facolta' di Lingua e Cultura Italiana -
- Corso di Laurea in Comunicazione Internazionale -