Una partenza difficile
Le ricerche condotte alla fine dello scorso millennio sul rapporto fra donna e nuove tecnologie in Italia avevano rilevato nella popolazione femminile un consistente gap tecnologico rispetto agli uomini anche a parità di grado d'istruzione, età, condizione sociale: il digital divide emergeva come nuova espressione del tradizionale modello sociale e culturale italiano, resistente ai cambiamenti e capace di relegare la donna ai margini della vita del Paese.
Supporto a questo sistema il cosiddetto "effetto alone": la popolazione
femminile oggetto di tutti questi pregiudizi ha manifestato la tendenza ad assecondarli e
si è riconosciuta nelle caratteristiche che le venivano attribuite.
Il nostro sistema scolastico tuttora non prevede strumenti adeguati a promuovere e sostenere allo stesso modo attitudini maschili e femminili: spesso ha favorito l'orientamento delle ragazze verso gli studi umanistici e ha alimentato il pregiudizio che le discipline tecnico – scientifiche e
tutto quello che ruota attorno ad esse, computer compreso, siano "cose
da uomini non adatte alle donne".
La tradizione sociale e culturale italiana ha definito la donna come dotata di una "propensione naturale" alla maternità e alla cura
dei familiari non più autonomi : questa "naturale attitudine" è stata poi
adeguatamente incoraggiata da una politica di assistenza e supporto
alle famiglie del tutto insoddisfacente che ha determinato una impossibilità effettiva per la donna di dividere o delegare il lavoro di cura della famiglia ad altri soggetti.
Il risultato? Una cronica mancanza di tempo da investire nel lavoro, nella formazione, nell'aggiornamento.
Condizionate su più fronti, le donne italiane hanno risposto in modo più lento e difficoltoso rispetto agli uomini all'avanzare del progresso tecnologico proprio perché la cultura in cui vivono non le ha preparate ad affrontarlo.