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Giorgio Lacourt: telelavoro

Tecnoteca.it intervista Giorgio Lacourt, Presidente del Comitato Italiano per la Promozione del Telelavoro

Il telelavoro non rappresenta la possibilità di lavorare in modo diverso ma la possibilità di vivere in modo diverso.

Il telelavoro è prima di tutto una livella sociale: sottolinea il valore del lavoro del singolo indipendentemente dall’identità del lavoratore e, nel fare questo, annulla i pregiudizi legati al genere, alla razza, alla disabilità, alle religioni.
Ma telelavorare, come lascia intuire Giorgio Lacourt presidente di www.telelavoro.it, può produrre un “effetto domino” sulla nostra vita: rinunciare al viaggio in macchina, treno o autobus non significa solo risparmiare carburante e inquinamento, evitare tempi morti e stress; telelavorare significa ripensare i rapporti con i colleghi, i familiari e gli amici e significa rivedere la propria quotidianità distinguendo le cose necessarie da quelle che non lo sono più.



Che cosa si intende per telelavoro e a quali professioni si può applicare, in toto o in parte?

Dobbiamo distinguere tra telelavoro in senso pieno e utilizzo degli strumenti telematici come supporto all'attività lavorativa. Dal 1995, anno nel quale in Italia internet è diventato accessibile anche da parte delle piccole aziende e dei privati, ad oggi, l'uso della posta elettronica, dei
siti di informazione e promozione, dei motori di ricerca, dell'internet banking e del commercio elettronico ha progressivamente interessato ogni settore professionale e di attività lavorativa. Internet ha dunque sostituito o reso piu' efficienti strumenti che già in passato consentivano di telelavorare, come il telefono, il fax, la posta e la televisione. Per la singola persona tutti questi strumenti, se correttamente utilizzati, hanno significato grandi risparmi di tempo ed
economici, con un notevole incremento della qualità della loro vita. Se allontaniamo invece il punto di vista ed analizziamo le strutture lavorative dobbiamo constatare che il telelavoro "vero", ossia la totale delocalizzazione della produzione e soprattutto dei centri decisionali non esiste se non in rarissime realtà. Ciò non è dovuto alla mancanza di strumenti ma a inevitabili problemi oggettivi, nel caso di attività legate a macchinari, catene produttive, necessità di rapporti fisici tra collaboratori o verso i clienti e fornitori, oppure alla difficoltà di cambiare metodo di lavoro e mentalità, problema ben più difficile da superare di quelli economici, tecnologici, burocratici, legislativi.

 

Quando, dove e perché si è cominciato a usare il telelavoro?

Forse ha cominciato Mosè quando è salito sul Monte Sinai per scrivere i Dieci Comandamenti :-).
A parte gli scherzi, dipende tutto da quale grado di telelavoro intendiamo, e per inciso speriamo che arrivi il più tardi possibile qualcuno a classificare e codificare un argomento che per la sua mutevole natura già è difficilmente definibile. Spesso si commette l'errore di fare l'equazione telelavoro = lavoro da casa e quello ancor più grave di associare lo "stare in casa" con la porzione di vita dedicata al riposo, all'ozio, agli hobbies ed agli affetti familiari. Cio' rende il telelavoro spesso molto ambito ma ben poco praticabile.

 

Esistono difficoltà oggettive all'introduzione del telelavoro in un'azienda? Quali?

Il telelavoro "totale" è quasi impossibile da introdurre in un'azienda dove i metodi di lavoro siano ormai consolidati; piu' semplice può essere per le nuove aziende, soprattutto quelle collegate alla
cosiddetta "new economy". La valutazione sulla delocalizzazione del lavoratore richiede un'analisi specifica per ogni caso. Banalmente si può dire che se un impiegato lavora tutto il giorno nel proprio ufficio da solo, con rari contatti fisici verso l'esterno, i problemi per la sua trasformazione in telelavoratore saranno pari a zero. Negli altri casi occorre valutare pro e contro, trovare soluzioni per gli incontri fisici, che spesso si traducono in un telelavoro a tempo parziale.

 

Il telelavoro si pratica e si vive in modo diverso in Italia e all'estero? Quanto incidono differenze culturali, sociali o legislative?

Se guardiamo al mondo intero le differenze sono esclusivamente economiche e dunque tecnologiche: gran parte della popolazione mondiale, oltre a non aver ancora risolto i problemi di sussistenza, non ha alcun accesso alle tecnologie informatiche e telematiche. Per queste persone parlare di telelavoro non ha senso, anche se, ove se ne abbia la possibilità, i tempi di affermazione del telelavoro si riducono per l'assenza di preconcetti e pregiudizi.
Se ci riferiamo invece al mondo occidentale le differenze sono minime e possono riguardare gli Stati, le Regioni, città o quartieri limitrofi, gli stessi nuclei familiari.
Gli aspetti legislativi meritano un discorso a parte. La legislazione specifica sul telelavoro è quasi inesistente e ciò forse è una fortuna visti i danni fatti in Italia ed all'estero dai Governi di ogni colore nei confronti del mondo di internet.

 

Quali sono i progetti più interessanti già in atto?

Non so se sia il più interessante, ma certamente quello che conosco meglio poichè nato nell'ambito di www.telelavoro.it.
Consorzio AS.S.O. - ASsociati per lo Sviluppo dell'Occupazione - ha sede a Torino e, nato nel 1994, è diventato da quasi dieci anni il prototipo del telelavoro "totale".

Virtuale la sede, virtuali sono le riunioni del CdA e le Assemblee: molti dei consorziati, sparsi su tutto il territorio nazionale ed anche all'estero, non si sono mai incontrati di persona. Tutte le attività operative avvengono utilizzando strumenti on-line. Il Consorzio è anche un "banco di prova" per ogni nuovo strumento o procedura e finanzia iniziative originali di telelavoro. Naturalmente il fatto che le aziende consorziate - quasi un centinaio- siano in gran parte internet service provider o comunque collegate al mondo dell'informatica ha reso più semplice l'opera di lavoro a distanza - non la si è dovuta forzare poichè i partecipanti erano già lontani in partenza. Il problema maggiore è stato comunque, come già detto, quello della mentalità, dei pregiudizi, dell'approccio psicologico verso qualcosa che non si vede, che non si tocca. Ci vuole tempo e pazienza.
Certamente le forme giuridiche consortili, associative e cooperativistiche sono quelle che meglio si adattano al telelavoro.
Per informazioni su altri progetti il riferimento e' info@telelavoro.it

 

Quale disponibilità c'è ad estendere nel prossimo futuro la pratica del telelavoro nella realtà italiana, sia a livello pubblico che privato?

Per parte telelavoratore viene attesa come "la manna dal cielo" almeno a giudicare dalla quantità spropositata di messaggi che riceviamo ogni giorno.
Per parte committenza i problemi sono collegati ad una anacronistica normativa sul lavoro in generale, dove una legislazione ridondante in realtà non garantisce gli unici due elementi fondamentali del lavoro: certezza di un lavoro eseguito a regola d'arte e certezza del pagamento.

 

Dall'ufficio a casa: come cambia la vita dei telelavoratori e delle telelavoratrici?

Tempo fa abbiamo identificato il telelavoratore tipo: donna, emiliana, di buona cultura, impiegata, ma soprattutto neo-mamma od in attesa di maternità alla disperata ricerca di una possibilità per non perdere il lavoro, rischiando di non potervi più rientrare o comunque di perdere ogni opportunità di carriera.
Dai nostri sondaggi emerge come sia diffusissima la percezione dei benefici derivanti dal telelavoro, al punto che non sia neppure il caso di descriverli analiticamente, anche perchè bastano ed avanzano pure se ne dimenticassimo qualcuno: provate a parlarne oggi con un lavoratore grondante di sudore, furibondo e sperso nel traffico di una metropoli qualsiasi, mentre spera di riuscire a tornare a casa, oppure domattina all'alba con un assonnato ed irascibile pendolare: non si chiede che lavoro dovrà fare, ma se arriverà sul posto di lavoro in tempo, azzeccando le cinque coincidenze tra treni, metropolitane ed autobus...

 

Il telelavoro può essere un fattore di cambiamento dell'organizzazione aziendale -­ diverso modo di valutare la produttività del singolo, cambiamento delle relazioni e delle gerarchie?

Questo e' il punto fondamentale. Tutto il resto è "solo" tecnologia, che si evolve e diventa ogni giorno piu' potente ed accessibile, e direi, per fortuna, inevitabilmente. La vera rivoluzione del telelavoro paradossalmente non riguarda internet ma i rapporti umani, anche se l'informatica ha dato un grande impulso e reso possibili nuove forme organizzative. Per strutture un po' futuristiche come il nostro "sistema neuronale multicentrico acefalo" di tempo ce ne vorrà parecchio, ma il problema ora è che ogni piccola modifica all'assetto lavorativo attuale va a toccare interessi consolidati che spesso riguardano proprio le posizioni dove le decisioni di cambiamento dovrebbero essere prese o almeno non ostacolate.

 

In quale misura il telelavoro applicato su larga scala potrebbe incidere sulla qualità dell'ambiente in cui viviamo?

Il binomio telelavoro - ambiente è da sempre una delle bandiere di http://www.telelavoro.it.

Per rispondere alla domanda credo basti citare un nostro sondaggio, dal quale risulta che l'incidenza positiva del telelavoro sarà molto più importante sull'ambiente e la qualità della vita, che non sull'economia e sul lavoro.
Anche in questo caso non si tratta solo della banale riduzione dell'inquinamento legato al traffico per recarsi sul luogo di lavoro, ma di un vero e proprio cambiamento di mentalità che può sintetizzarsi in una maggiore pretesa di qualità della vita, con tutto ciò che ne consegue, anche riguardo alle rinunce di ciascuno.

 

Il telelavoro può favorire l'inserimento lavorativo delle donne?

Se si torna all'equazione telelavoro = lavoro da casa ed a quella un po' più obsoleta donna = regina della casa, forse sì. In realtà la soluzione del problema delle pari opportunità ha poco a che vedere con il telelavoro come concepito ora, che anzi rischia di peggiorare la situazione amplificando le differenze di trattamento.

Certamente, mobbing e molestie virtuali sono più "sostenibili"...

 

Il telelavoro può favorire l'inserimento lavorativo dei disabili?

Il telelavoro, almeno per quanto riguarda telelavoro.it ed il Comitato Italiano per la Promozione del Telelavoro, nasce proprio per cercare di azzerare le differenze in ambito lavorativo tra disabili e normodotati, soprattutto con riferimento agli handycap motorii. Nel caso dei disabili la legislazione di supporto non manca, peccato che spesso sia disattesa o che la "quota disabili" spettante a ciascuna azienda oltre una certa dimensione venga troppo spesso considerata essa stessa come un handycap invece che come una sfida produttiva.
La situazione attuale poco confortante per le categorie svantaggiate e discriminate non riguarda solo aspetti sessuali o legati a menomazioni fisiche: ci sono i problemi razziali, religiosi, legati alla residenza in zone con comunicazioni assenti o insufficienti, le posizioni dominanti, monopolistiche, le raccomandazioni e via via fino alle quotidiane piccole ingiustizie e sopraffazioni. Molto lavoro resta da fare in attesa che il futuro ci porti a un telelavoro, come quello proposto dal nostro modello sperimentale, dove vi sia per esempio l'anonimato del telelavoratore. A quel punto parlare di discriminazioni non avrebbe più senso.

 

Il telelavoro ostacola la carriera?

Al momento sì, almeno in quei casi dove la carriera si crea con un lungo lavoro di "trincea" fatto di piccole strategie, voci, "venticelli", raccomandazioni, ammiccamenti. Bisogna dire però che il telelavoro inteso nella sua pienezza mal si concilia con i termini "datore di lavoro" e "dipendente", ed altrettanto con il termine "carriera" che solitamente è associato ad una rendita di posizione -potere e denaro - collegata ai meriti e, più spesso, all'età ed alla discrezionalità.
Nel telelavoro la più grande innovazione riguarda il fulcro attorno al quale ci si deve concentrare: non più lavoratore e committente, datore di lavoro e dipendente, gerarchia, potere decisionale e così via: gli elementi basilari sono il lavoro e il suo compenso, e ciò non per rendere i beni ed il denaro più importanti dell'uomo, ma proprio per considerare ogni persona uguale a parità di lavoro eseguito.