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L'interfaccia utente
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L'interfaccia utente
Nel software di ultima generazione circa la metà delle risorse impiegate durante lo sviluppo sono destinate alla cura dell'interfaccia utente.Nel contesto dell'elettronica con l'espressione interfaccia si denotano i dispositivi che fisicamente consentono il transito di energia e informazione tra due sistemi tecnici. Monitor, modem, stampanti, ecc. riescono a scambiarsi dati grazie ai cavi e agli altri connettori che li uniscono. Tali dispositivi di collegamento costituiscono quindi la loro interfaccia (S. Rossano, in Internetime, 2002).
Negli anni sessanta, e più precisamente nell'ambito della nascente disciplina nota come Human-Computer Interaction, si è esteso per analogia il significato di questo termine all'interazione fisica tra l'uomo e la macchina. Sono quindi passati sotto il nome di interfaccia anche quei componenti degli strumenti tecnici che gettano un ponte verso l'utente, verso i suoi organi ricettori ed effettori, per consentire il passaggio di informazione nei due sensi. Successivamente il concetto di interfaccia si è ulteriormente arricchito e specificato ed è stato variamente interpretato a seconda delle priorità e delle aree di interesse degli autori che si sono confrontati su questo tema.
Si può comunque rintracciare un comune denominatore che caratterizza le interpretazioni più recenti: la novità rispetto al passato sta sostanzialmente nella considerazione della dimensione cognitiva dell'interazione uomo-macchina.
In generale si possono individuare tre approcci principali al concetto di interfaccia conosciuti come paradigma comunicativo, paradigma strumentale e paradigma della costruzione di modelli.
L'interpretazione più condivisa del concetto di interfaccia è quella relativa al paradigma comunicativo: l'interazione tra l'uomo e la macchina consiste in un rapporto di comunicazione, in una sorta di dialogo, per cui l'interfaccia è ciò che media tale relazione, da un lato presentando l'informazione all'utente, dall'altro ricevendola dallo stesso. In questo paradigma si pone un'analogia tra i due protagonisti dell'interazione: ad entrambi infatti viene riconosciuta la capacità di elaborare informazioni in entrata (input) per fornire informazioni in uscita (output).
Tuttavia la somiglianza tra l'utente e la macchina è oggetto di diverse interpretazioni che spostano l'accento ora sulle peculiarità dell'essere umano, ora su quelle del sistema. Secondo alcuni autori aderenti alle recenti tendenze della psicologia cognitiva, tale analogia sussiste in quanto è l'uomo ad assomigliare alla macchina: infatti come un computer, acquisisce informazioni dall'ambiente esterno, le immagazzina, le recupera quando sono applicabili ai compiti correnti, le trasforma per produrre nuove informazioni e infine restituisce il prodotto della sua elaborazione all'ambiente. I sostenitori di questo approccio ritengono pertanto che sia possibile studiare l'architettura e i meccanismi della mente umana sulla base di modelli fortemente ispirati alla scienza dei calcolatori (S. Rossano, in Internetime, 2002).
Una seconda prospettiva va sotto il nome di paradigma strumentale: il computer può essere considerato come uno strumento, o più precisamente come un "meta-strumento", poiché la sua versatilità permette l'emulazione di una molteplicità di mezzi diversi. L'interfaccia deve essere progettata come una protesi efficace, in modo da consentire all'utente di "impugnare" il programma per raggiungere il suo scopo.
Portando all'estremo questa interpretazione si può arrivare a dire che la migliore interfaccia è quella che scompare, ovvero quella che consente all'utente di concentrare la sua attenzione solo sul compito che vuole eseguire. Azione è dunque la parola-chiave per questo stile interattivo che supera l'idea di immissione di comandi testuali e punta a quella che si definisce manipolabilità diretta del sistema.
Questa proprietà consiste nella possibilità per l'utente di intervenire direttamente su rappresentazioni grafiche visibili degli oggetti che in un certo momento sono pertinenti all'esecuzione del suo compito; inoltre, le azioni sono reversibili e vengono seguite da una rapida risposta.
Gli elementi grafici che caratterizzano questo tipo di interfaccia sono solitamente considerati un espediente per semplificare il rapporto con la macchina tramite richiami metaforici ad una realtà familiare all'utente (schedario, blocco per appunti, cestino dei rifiuti...). In effetti questo utilizzo è facilmente riscontrabile nella maggior parte dei sistemi attualmente in uso; essi di fatto costituiscono una realtà poiché creano quello spazio d'azione in cui l'utente si muove per raggiungere i suoi obiettivi.
Esiste un terzo approccio, il cosiddetto paradigma della costruzione di modelli, in base al quale lo scopo della progettazione dell'interfaccia consiste nell'aiutare l'utente a costruirsi un modello mentale del sistema che rispecchi quello del designer.
Per modello mentale si intende una rappresentazione cognitiva del sistema che ne spieghi il funzionamento.
L'utente costruisce tale modello basandosi unicamente sull'immagine che il sistema dà di sé, osservando i dispositivi di cui è composto, la forma dei vari elementi e gli effetti prodotti dalle sue azioni.
Se l'interfaccia è progettata adeguatamente, ovvero se l'immagine che il sistema dà di sé corrisponde al modello progettuale, allora l'utente, durante la normale interazione, riesce a costruirsi un buon modello concettuale del sistema e impara a prevedere correttamente le conseguenze delle sue azioni.
L'utente viene guidato nella costruzione del suo modello mentale da due tipi di elementi che caratterizzano il dispositivo con cui interagisce: gli inviti e i vincoli.
I primi consistono nelle possibilità di utilizzo suggerite dall'aspetto dell'oggetto stesso (es. un pulsante invita a premere, una leva a tirare, una manopola a girare, etc.); al contrario, i secondi scoraggiano l'utente dal compiere azioni errate con un certo strumento (es. i floppy disk a ben guardare non sono quadrati, ma rettangolari: grazie a questa particolarità non è possibile inserirli nel lettore dal lato sbagliato). Una distribuzione strategica di inviti e vincoli guida l'utente al corretto utilizzo di uno strumento, anche in una situazione nuova.
Nell'interazione con artefatti meccanici la costruzione di modelli mentali corretti è favorita dall'esperienza quotidiana delle leggi della fisica: la visibilità dei componenti, il funzionamento analogico e il feedback naturale fornito dal movimento delle parti aiutano l'utente a capire le regole che governano il meccanismo dello strumento. Nei sistemi computerizzati, invece, quasi tutte le costrizioni tecniche dell'interfaccia scompaiono: la struttura fisica dell'oggetto non comunica più nulla circa il suo funzionamento e la sua analisi anatomica perde di ogni valore.
Per interagire con questi sistemi, definibili "bui", si rende necessaria una mediazione creata ad arte dal designer: è lui che getta un ponte tra l'utente e la macchina e conferisce ad essa un comportamento che è frutto di precise decisioni progettuali.