Il carico mentale
Il carico di lavoro mentale, chiamato anche più semplicemente carico mentale, è un'espressione per cui non esiste ancora una definizione universalmente condivisa.
Tuttavia è possibile individuare due accezioni principali, che in realtà si possono considerare come due facce della stessa medaglia: la prima si riferisce alle esigenze del lavoro che obbligano l'operatore a determinati comportamenti; la seconda, invece, si riferisce ai costi psicologici che l'utente deve sopportare come conseguenza della sua occupazione (S. Rossano, in Internetime, 2002).
L'interfaccia utente di un sistema ha senza dubbio un peso non secondario nel determinare gli effetti che l'operatore deve sopportare in conseguenza della sua attività ; questo è proprio il punto d'interesse di questa sede, ovvero come la progettazione di un'interfaccia uomo-macchina possa alleviare il carico mentale dell'utente.
Per dare una risposta a tale quesito si considerino i seguenti temi:
- il recupero mnemonico;
- la predeterminazione delle informazioni;
- l'abbinamento comando/funzione;
- la riduzione delle informazioni.
Si può distinguere tra due importanti funzioni della memoria relative al recupero dell'informazione necessaria all'esecuzione di un compito: il richiamo, che consiste nella riproduzione mnemonica, e il riconoscimento, che consiste nel ritrovare dei concetti grazie all'associazione stabilita tra questi e alcuni elementi esterni alla mente, che fungono quindi da suggerimento. Evidentemente, nel primo caso il soggetto compie uno sforzo maggiore che nel secondo. Tuttavia sarebbe miope e frettoloso esprimere per questo una netta preferenza a favore di interfacce che richiedano modalità di recupero mnemonico basate solo sul riconoscimento.
La conoscenza che risiede nel mondo esterno fa da promemoria di se stessa e quindi riduce al minimo l'impegno necessario per il suo apprendimento.
D'altra parte, va anche detto che essa svanisce in mancanza di un opportuno richiamo, mentre ciò che viene fissato nella memoria può essere ritrovato, con la dovuta concentrazione, in qualunque momento, anche in mancanza di supporti esterni.
Questo rende la conoscenza interiore più efficiente e versatile dell'altra; tuttavia, l'acquisizione mnemonica di contenuti specifici richiede non solo dell'impegno, ma anche del tempo: prima che certe conoscenze vengano padroneggiate senza bisogno di suggerimenti trascorre un periodo di assimilazione più o meno lungo, durante il quale il carico mentale dell'operatore è senza dubbio aggravato.
Il progettista di un'interfaccia dovrebbe cercare di sfruttare i vantaggi di entrambe le tecniche di recupero mnemonico, studiando un efficace abbinamento di soluzioni che consiglino all'utente come procedere (ad esempio menu di opzioni o icone) e di modalità di interazione più rapide, basate sul ricorso a conoscenze interne (ad esempio tasti-funzione).
L'interfaccia dovrebbe essere progettata in modo da consentire stili interattivi diversi, per adeguarsi agli inevitabili cambiamenti dell'utente nel corso del tempo. Infatti, è facile riscontrare che, nella pratica, gli operatori più esperti tendono a privilegiare modalità d'interazione basate sul richiamo.
Questa preferenza si spiega facilmente: l'abitudine ad utilizzare frequentemente un certo strumento riduce notevolmente i tempi di recupero mnemonico e lo sforzo relativo, abbassando così il prezzo da pagare in cambio di una maggiore velocità di esecuzione. Al contrario, gli operatori inesperti, che non hanno ancora sviluppato una competenza e un'abilità elevate nell'interagire con un certo dispositivo, preferiscono di gran lunga ricorrere al riconoscimento di elementi visibili.
Un tipico modo in cui il designer può utilizzare la conoscenza esterna per ridurre il carico mentale dell'operatore consiste nell'impostare automaticamente il valore di un'informazione per il funzionamento di un programma, in mancanza di una scelta specifica dell'operatore. In altre parole, ci si avvale di un richiamo passivo. Il termine tecnico con cui ci si riferisce a questo tipo di dati è informazioni di default.
I vantaggi del ricorso a tale tecnica sono numerosi: innanzitutto, come già anticipato, si riduce il carico mentale dell'operatore, che non è obbligato a ripensare e riscrivere di volta in volta le informazioni che immette più frequentemente, ma deve solo confermare le proposte avanzate dal sistema; in secondo luogo, si contengono le probabilità di compiere degli errori, in particolare quelli di battitura; infine, si riduce il numero delle azioni fisiche necessarie all'interazione col sistema.
Una tecnica molto simile e in qualche modo complementare consiste nel fornire all'utente dei modelli del tipo di informazioni che il sistema si aspetta di ricevere: per esempio, quando viene richiesta l'immissione di una data, è bene indicare all'operatore in quale formato deve inserirla (dd-mm-yy, dd-mm-yyyy, mm-dd-yy).
Durante la progettazione dell'interfaccia bisogna prestare particolare attenzione all'abbinamento tra i comandi e le funzioni: per non confondere l'utente è importante che l'associazione tra gli uni e le altre sia univoca, ovvero che ad ogni comando corrisponda una sola funzione. Infatti, in mancanza di questo accorgimento, e in particolare se uno stesso comando serve a compiere più azioni, è probabile che l'operatore faccia fatica ad attribuire le giuste proprietà ad ogni elemento. Al contrario, la visibilità di tutte le funzioni semplifica la comprensione e il ricordo delle regole che governano l'interazione tra l'operatore e la macchina; infine, per alleviare il carico mentale bisogna cercare di ridurre al minimo il numero delle informazioni presenti in un dato momento.
In seguito ad una precisa analisi del compito, è spesso possibile identificare le informazioni indispensabili all'utente per eseguire la maggior parte delle operazioni previste dal suo lavoro; conviene allora progettare l'interfaccia in modo che questi dati compaiano tutti contemporaneamente, relegando gli altri in parti del sistema accessibili, ma non immediatamente visibili.
Questo suggerimento vale qualunque sia l'abilità degli operatori: infatti, le informazioni superflue rischiano di confondere non solo gli utenti inesperti, ma anche quelli più competenti; la stessa regola si può applicare, oltre che alle informazioni, anche alle funzioni del programma: quelle di uso più frequente devono essere sempre visibili e immediatamente selezionabili, mentre per le altre si possono studiare dei meccanismi di accesso che richiedano ulteriori operazioni.