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Il divario globale

Stati Uniti ed Europa

Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno consolidato molto la loro egemonia economica e culturale sul resto del mondo, traendo il massimo vantaggio dall’esplosione della cosiddetta “net economy”.

D’altronde Internet è nata lì e lì sono presenti le più importanti infrastrutture e centri di sviluppo tecnico.

Secondo l’indicatore del digital divide incluso nel Globalization Index [4], il Nord America padroneggia Internet cinque volte più dell’Europa occidentale.

Non si tratta del semplice dato sulla popolazione che ha qualche occasione di navigare on line; questo indicatore è più completo ed interessante, perché include il numero di siti, server, e di Internet service provider: quindi tiene conto non solo della fruizione passiva dei servizi on line, ma anche del grado di padronanza attiva che un paese ha in questi settori (Rampini, 2001).

Il dominio statunitense non si esplica solo a livello economico, la supremazia degli Stati Uniti si manifesta anche con la diffusione della lingua inglese, in assoluto la lingua più utilizzata nel cyberspazio [5]. Tale monolinguismo ha immediate ripercussioni in termini di omogeneità culturale, di esclusione e di qualità del servizio fruibile da chi non comprende l’inglese.

Il potere degli Stati Uniti si manifesta nella totale predominanza di siti americani, nella diffusione dell’inglese e delle icone della cultura americana, per non parlare del sistema di indirizzamento del web: mentre i siti facenti capo agli altri paesi del mondo hanno un identificativo, corrispondente ad un dominio geografico, i siti americani non sono marcati.

Nonostante la supremazia statunitense appaia ancora inattaccabile, dai risultati dell’Information Society Index [6] (Isi) del 2001 emerge un dato importante, che fa riflettere sull’egemonia americana.

Negli Stati Uniti il divario che separa gli strati sociali privilegiati da quelli più svantaggiati si è approfondito negli ultimi tempi, anche per effetto della diffusione delle ICT.

Pur essendo la nazione con la maggior diffusione di computer, negli Stati Uniti Internet continua ad essere un servizio non fruibile dalla totalità della popolazione.

Per quanto riguarda l’America Latina, le connessioni wireless [7] possono sicuramente giocare un ruolo enormemente importante nello sviluppo delle comunicazioni digitali, per mettere in linea popolazioni che vivono in angoli remoti della terra, ma, al tempo stesso, non si è certi se riuscire a connettere tali popolazioni basti per ottenere accesso. Lo slogan connecting people può andare bene per i paesi industrializzati, ma per le popolazioni isolate dei paesi in via di sviluppo è necessario fornire delle motivazioni alternative a comunicare.

Il Brasile rappresenta forse il paese più all’avanguardia nell’uso delle nuove tecnologie e in particolare della democrazia digitale, cercando di portare avanti dei progetti di sviluppo dell’e-government, con l’obiettivo non solo di introdurre persone svantaggiate alle nuove tecnologie, ma soprattutto di creare comunità di utenti e scambi frequenti tra amministrazione, aziende e cittadini.

Rimane comunque il fatto che, nei paesi del sud america, quello degli utenti della rete è un gruppo altamente selettivo, che, in buona parte, coincide con la classe media più preparata e motivata, ossia con il ricco ceto urbano delle capitali, che rappresenta una minima percentuale della popolazione totale (Zocchi, 2003, pp.80-85).

Dopo gli Stati Uniti, l’Europa è l’area più sviluppata dal punto di vista telematico.

Anche in ambito europeo, però, le nuove tecnologie non sono distribuite in maniera uniforme: ad un Nord molto sviluppato si oppone l’arretratezza dei paesi dell’Europa orientale. Le differenze maggiori si riscontrano confrontando paesi all’avanguardia come la Svezia, che nel 2000 ha superato gli Stati Uniti, e altri ancora alle prese con problemi legati alla carenza delle infrastrutture di base (Bianchini, 2001, p.54).

L’Europa orientale ha indubbiamente fatto enormi progressi, sia nel campo della digitalizzazione che dell’alfabetizzazione informatica. Nei paesi baltici alcuni progetti sono stati utili per favorire nel giro di alcuni anni la diffusione di una “cultura del computer” (Zocchi,2003, p.92), verso una parte specifica della popolazione, quella studentesca, realizzando un livello di alfabetizzazione informatica comparabile a quello delle democrazie scandinave.

E’ ancora evidente una differenza tra nord e sud, ma soprattutto si ripropone una problematica relativa al digital divide interno: è però verosimile che, proprio in questo contesto, sarà possibile definire linee di sviluppo nell’ottica di un accesso globale dei cittadini, grazie ai fondi stanziati dall’Unione Europea nei prossimi anni.

Per quel che riguarda la Russia, i due terzi degli utenti Internet sono concentrati nelle aree urbane di Mosca e San Pietroburgo, le quali contano meno del 10% della popolazione complessiva; le immense zone della Siberia, come pure la zona della Russia asiatica, avrebbero da beneficiare enormemente da uno sviluppo digitale che permettesse loro di mettersi in connessione con il centro ma, al momento, sembrano ancora soffrire di un’arretratezza culturale e di un divario interno pesantissimo.

La posizione europea, sviluppando piani d’azione, come il piano eEurope, ha trovato un punto di riferimento dal quale partire per sviluppare ulteriori iniziative, magari meno teoriche e più pratiche. Seguendo le linee di tali piani, agire contro il digital divide non significa solo supportare la crescita delle componenti digitali all’interno della società, ma mettere in relazione la crescita della tecnologia con quella della società nel suo complesso.

La sfida europea tende, dunque, non ad informatizzare le singole entità nazionali, ma cerca di utilizzare le ICT per creare un ciclo di sviluppo complessivo che si diffonda ovunque, per promuovere la nascita di una società dell’informazione omogenea e coerente.

Perché le strategie individuate per attuare i piani d’azione abbiano effetto, esse devono prevedere la definizione di norme e standard di universale riconoscibilità – cercando così di ridurre la disattenzione della politica verificatasi sino ad oggi – ma soprattutto creare le premesse affinché vi sia un’ampia diffusione culturale nelle prossime generazioni, che dovranno sempre più confrontarsi con le problematiche legate alla società dell’informazione. In questo senso l’Europa afferma come sia impensabile raggiungere certi obiettivi da soli: le organizzazioni non governative, le associazioni multilaterali ed i privati devono essere coinvolte e partecipare allo sviluppo e alla crescita collettiva (Buongiovanni et al., 2003, pp.95-98).

Tesi di Laurea in Comunicazione Politica :
"Democrazia e nuove tecnologie: rischi di esclusione e opportunità di partecipazione"

di Sara Cirulli


- Universita' per Stranieri di Perugia -
- Facolta' di Lingua e Cultura Italiana -
- Corso di Laurea in Comunicazione Internazionale -