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Che cos’è e cosa può essere un libro elettronico?

Libro elettronico o, all’inglese, e-book (contrazione di electronic book), sono espressioni e termini tutt’altro che univoci, e le definizioni che ne sono state da più parti proposte offrono comunque elementi ed aspetti di ineludibile problematicità.

L’Open eBook Forum ha cercato rigorosamente di definirlo nel settembre 2000 come “a Literary Work in the form of a Digital Object, consisting of one or more standard unique identifiers, Metadata, and a Monographic body of Content, intended to be published and accessed electronically”; per l’EBX working group, poi fusosi nell’Open eBook Forum, nel draft 0.8 delle sue system specifications il libro elettronico era invece nel giugno 2000 più concisamente identificato come “a digital object that is an electronic representation of a book”; mentre Andrew Cox e Sarah Ormes nel marzo del 2001 – in un loro intervento in Library & information briefings, mirato soprattutto all’impatto del libro elettronico sul sistema bibliotecario ed educativo – attribuivano agli electronic books la definizione di “texts downloaded from the web and read either on a PC or handheld device using special software or a web browser (which we will refer to as E-Books) or read on a dedicated piece of hardware (which we will refer to as an E-Book reader)”.

Ma – in posizione forse minoritaria – c’è stato anche chi, come l’editore Giuseppe Laterza, in un suo interessante intervento – presentato l’8 maggio 2001 in occasione del convegno “Il libro elettronico entra all’università: quali e-book per la didattica e la ricerca?”, organizzato dall’Università della Tuscia – ha drasticamente rifiutato l’idea stessa di libro elettronico, considerandolo una specie di ossimoro, e proponendo la tesi secondo la quale può definirsi legittimamente libro solo il libro a stampa, mentre per i prodotti dell’editoria elettronica – essendo cosa radicalmente “altra” rispetto a quelli a stampa – esprimeva comunque interesse, sottolineando però le differenze fra assemblaggio digitale di contenuti multimediali e realizzazione di un libro destinato alla stampa su carta, cui resterebbe, sempre secondo Laterza, inevitabilmente assicurata la principale e più importante funzione di trasmissione e mediazione culturale.

Gino Roncaglia, in un suo fondamentale intervento nel Bollettino dell’Associazione Italiana Biblioteche del 2001, intitolato Libri elettronici: problemi e prospettive, ha invece cercato di giungere ad una definizione del libro elettronico che si ponesse intermedia, all’insegna del rifiuto di posizione estreme, partendo dall’assunzione di fondo che “l'idea secondo cui l'insieme di pratiche e di modelli teorici che costituiscono l'eredità di (almeno) cinque secoli di "cultura del libro" non vada né dimenticata o abbandonata, né considerata un dato non modificabile, ma possa e debba invece continuare la propria evoluzione - in forme certo in parte nuove e inattese - anche nell'era dei media digitali”.

Secondo Roncaglia, infatti, la tesi da lui definita “dell’ubiquità dell’e-book nell’ambiente elettronico” ha il difetto di dimenticare che un libro non corrisponde solo a un particolare modello di organizzazione testuale, ma anche allo strumento fisico che ne consente la fruizione; dimenticanza che spinge a non tenere in adeguata considerazione come un libro sia per noi unione di scrittura, testualità e supporto, interfaccia di lettura; e come le caratteristiche dell’interfaccia utilizzata per la lettura non siano affatto neutrali: “Il solo testo elettronico – afferma saggiamente Gino Roncaglia - non è a mio avviso di per sé un libro elettronico: perché si possa parlare di e-book occorre che possa essere fruito attraverso interfacce adeguate, che rappresentino un'evoluzione naturale di quelle alle quali ci ha abituato il libro su carta (e quindi non solo un'evoluzione tecnologica del PC da scrivania): strumenti portatili, leggeri, poco stancanti per la vista, privi di cavi e fili elettrici, possibilmente non troppo costosi e non troppo fragili”.

Mentre anche l’altra posizione estrema, etichettata come “tesi della radicale eterogeneità di libro a stampa e media digitali”, viene rintuzzata da Roncaglia, che ne critica i due assiomi principali, cioè che le interfacce informatiche – considerate evidentemente a partire dal modello rappresentato dal computer da scrivania – sarebbero inevitabilmente scomode, stancanti e comunque incapaci di raggiungere la portabilità e l'ergonomia del libro a stampa; e che la possibilità offerta dai media digitali di integrare contenuti multimediali e di organizzarli in maniera ipertestuale e interattiva porterebbe inevitabilmente alla realizzazione di "oggetti informativi" assai lontani dal modello chiuso, lineare e basato principalmente sulla testualità scritta proprio del libro a stampa. In realtà si tratta per Roncaglia nel primo caso di un’assunzione erronea, che non tiene conto dell’assoluta “gioventù” delle interfacce informatiche: “Vi sono pochi dubbi sul fatto che entro una ventina di anni avremo a disposizione lettori per testi elettronici assai più comodi, portabili ed ergonomici di quelli attuali: a quel punto, la possibilità di utilizzarli per leggere e consultare intere biblioteche di testi, associata alle possibilità di ricerca e di annotazione e manipolazione del testo proprie del formato digitale, potrà costituire un vantaggio decisivo rispetto ai tradizionali libri a stampa”.  Mentre – in merito alla seconda assunzione – la possibilità di affiancare al testo ed alle illustrazioni statiche dei libri tradizionali anche suoni e filmati, sempre secondo Gino Rocaglia, porterà senz’altro alla realizzazione di oggetti informativi di nuovo tipo, che condurrà alla possibilità di “libri ibridi”, “basati sull'assemblaggio di contenuti multimediali e su strutture interattive e ipertestuali”, ed “offrirà un campo nuovo alla ricerca e alla sperimentazione, anche letteraria; produrrà probabilmente opere valide e - inevitabilmente - molta spazzatura, ma non ucciderà la cultura del libro: sia perché continueremo a scrivere e a leggere opere molto più tradizionali, sia perché gli stessi libri "multimediali" non potranno non riprendere (proprio nello svilupparli e nel modificarli) elementi e caratteristiche propri della nostra tradizione testuale”. Insomma i nuovi media tenderebbero – più che a sostituirli – ad affiancarsi e ad integrarsi a quelli esistenti.

A seguito delle sue considerazioni, Gino Roncaglia ha proposto così una propria definizione di e-book, che è sicuramente completa e sostanzialmente condivisibile, in quanto punta alla sintesi e considera il libro elettronico come oggetto digitale affiancato indissolubilmente alla dimensione pragmatica dell'interfaccia e delle modalità di lettura. L’e-book sarebbe pertanto “un testo elettronico ragionevolmente esteso, compiuto e unitario ("monografia"), opportunamente codificato ed eventualmente accompagnato da metainformazioni descrittive, accessibile attraverso un dispositivo hardware e un'interfaccia software che consentano una lettura comoda e agevole (…) e la capacità di dare accesso a tutte le tipologie di organizzazione testuale proprie della cultura del libro, consentendone una fruizione completa e soddisfacente”.

In conclusione Roncaglia ritiene che il “libro elettronico potrà dunque prevedere anche l'uso di strumenti ipertestuali e multimediali (e in tal caso permetterà di creare e leggere nuove forme di testualità), ma dovrà innanzitutto permettere la comoda lettura di un testo lineare, offrendo strumenti di annotazione rapida, sottolineatura, uso di segnalibri, ecc., accanto agli strumenti di ricerca e navigazione avanzata propri del formato digitale”, arrivando al punto di escludere “dal novero dei libri elettronici in senso stretto testi che possano essere letti solo su un computer da scrivania. Come si è già accennato, il computer da scrivania è uno strumento di lettura scomodo e poco flessibile, soprattutto quando si ha a che fare con testi lunghi e dalla struttura complessa o con testi narrativi”.
Ma anche Luigi M. Reale, nel suo imponente dossier sull’e-book in Italia, Il libro elettronico e l’editoria digitale umanistica, ospitato (con la prima versione) a partire dal marzo 2001 sul sito di italianisticaonline.it, e giunto alla terza edizione nel settembre 2003, ha voluto in fase di premessa – affrontando la spinosa questione terminologica, per chiarire come “il termine e-book, in quanto significa ‘libro elettronico’, designa sia il libro in formato elettronico (o più in generale ogni tipo di pubblicazione realizzata su supporto digitale) sia lo stesso formato elettronico nel quale il testo digitale è convertito (propriamente e-book format), sia il dispositivo di lettura dell’e-text (‘testo elettronico’); dispositivo propriamente chiamato e-book reading device, che si identifica di norma con un computer (terminale) portatile fornito di un idoneo programma di lettura compatibile (propriamente chiamato e-book reader), fermo restando che ogni computer fornito del medesimo programma funziona come lettore per e-book” – sottolineare il fatto che il “concetto di e-book si estende dunque a quello di e-text, in quanto il libro elettronico ne rappresenta la forma, mentre la sostanza rimane sempre il testo (nella fattispecie quello elettronico, codificato in formato digitale, che costituisce i miliardi di pagine accessibili attraverso il Web). Perciò, la restrizione si impone nel confronto fra testo e ipertesto: l’e-book è una versione elettronica del libro a stampa, del quale il dispositivo di lettura intende replicare il formato tradizionale, associando ovviamente una serie di prestazioni  tipiche del formato elettronico, in particolare la dimensione audio-video e collegamenti ipertestuali”.

Luigi M. Reale si sofferma sull’importante funzione svolta dalle reti di calcolatori, e soprattutto da internet, che “attraverso il Web ha introdotto il concetto di testo elettronico distribuito (per testo elettronico intendiamo il documento su supporto digitale, dotato o anche privo di funzioni ipertestuali) e quello di biblioteca digitale telematica (a iniziare dal famoso Project Gutenberg)”, accettando per buona anche la definizione di e-book come “clone digitale del libro cartaceo, che può anche essere distribuito su cd-rom, ma che non è un semplice testo elettronico. La differenza è data dal programma di elaborazione, da quello di lettura, ed infine dal dispositivo di lettura”.

Alla fine, così, Reale – dopo aver attribuito come fondamentali per identificare il libro elettronico in quanto tale i requisiti: che debba essere un testo elettronico pubblicato nei formati digitali standard idonei per essere decodificato con programma di lettura per libri elettronici; che debba essere acquisibile sia via internet sia su supporto digitabile autonomo e che debba essere letto indipendentemente dalla connessione ad internet; e che sia integrato in un dispositivo di lettura e-book – arriva ad affermare che “l’e-book, dunque, è un prodotto editoriale (professionale o amatoriale) in formato digitale, che può essere letto solo mediante un apparecchio elettronico (PC, computer palmare, e-book reading device) fornito di adeguato programma. La lettura del testo elettronico in formato e-book non è immediata, ma presuppone la necessaria mediazione del dispositivo di lettura alimentato da energia elettrica”.


Pietro Bortoluzzi